Gela. Una sentenza che potrebbe creare un precedente giudiziario. Due cittadini sono riusciti ad ottenere un risarcimento dal tribunale per i danni creati alla carrozzerie delle rispettive auto dalle sostanze inquinanti emesse dalla Raffineria.
Il colosso petrolchimico è stato condannato a pagare circa 4000 euro per ogni automobilista a titolo di risarcimento. Lo ha deciso il giudice monocratico, Alessandro Laurino, che ha recentemente accolto la richiesta di risarcimento del danno avanzata da parte di due cittadini gelesi. I due, nell’aprile del 2008, facendo ritorno alle proprie auto parcheggiate nelle vicinanze della Raffineria, avevano riscontrato sulla carrozzeria la presenza di macchie di coloro giallastro. Le sostanze corrosive che avevano danneggiato le macchine erano dovute alle sostanze nocive emesse dalle torce della Raffineria di Gela e ciò anche alla luce di altri fatti simili accaduti in passato ma mai approfonditi.
I due si sono rivolti all’avvocato Emanuele Maganuco, che in maniera preliminare ha cercato un accordo bonario con l’azienda. L’Eni si è rifiutata malgrado gli accertamenti (perizie di un chimico industriale ed un tecnico ambientale) avessero dato esito favorevole per i ricorrenti. La Raffineria ha sempre contestato la perizia. Il secondo giudizio si è spostato in tribunale ed ha portato alla condanna dell’azienda del cane a sei zampe per il risarcimento del danno in favore dei due cittadini per immissioni in atmosfera di sostanze nocive e/o corrosive. Nel corso del processo è stata effettuata una nuova consulenza tecnica, che confermava in sostanza la prima perizia, ovvero “che la presenza delle macchie sulle auto dei due malcapitati altro non era che un fenomeno corrosivo dovuto all’immissione in atmosfera dal camino quadricanne di Ra.Ge. di materiale agglomerato frutto di una incompleta ossidazione del combustibile o della miscela di combustibili”.
Alla luce di questa relazione il giudice Laurino, ha condannato la Raffineria di Gela al risarcimento del danno in favore dei due cittadini gelesi per l’esercizio di attività pericolose ed al pagamento delle spese legali. L’Eni si era difesa sostenendo che l’impianto Snox è alto e distante 150 metri dal luogo, mentre il giudice ha rilevato che all’interno del petrolchimico ci sono 27 camini di varie altezze.