Gela. “Sono perseguitato. Mi hanno messo alla gogna mediatica. Con il mio legale chiederemo spiegazioni alla Procura”. L’imprenditore Fabio Fasulo è un fiume in piena.
Si dice pronto a investire altrove e spostare la sede legale della sua impresa, la Gest. Im. immobiliare intestata in verità alla moglie Roberta Bartolini. E’ convinto di essere finito in una situazione equivoca. Tira in ballo documentazioni e nuove testimonianze, come quella di Massimiliano Cortese di Siracusa.
“Mi aveva chiesto personale qualificato – sottolinea Fasulo – e, contestualmente, aveva allacciato un rapporto con il presidente della cooperativa Agroverde, Stefano Italiano. Noi lo incontravamo e probabilmente la gente ha collegato impropriamente questa frequentazione.
In un bar ho appreso che si diceva che io assumessi personale per conto dell’Agroverde. Lo scorso 11 luglio avevo deciso, senza poi farlo, di denunciare questo chiacchiericcio alle forze dell’ordine. Cortese incontrava Italiano e in altre sedi il mio collaboratore Gianluca Caterini.
Da qui è nata una via crucis che non capisco. Abbiamo messo anche un cartello all’esterno precisando che non si accettano richieste di personale. Probabilmente qualcuno ha confuso la questione”.
Fasulo conferma di non conoscere Cristian Paradiso, l’altro imprenditore interessato dall’indagine su un presunto sistema di assunzioni illecite. “Non conosco Paradiso, non ho mai avuto alcun rapporto con lui – assicura Fasulo – Possono facilmente verificare dalle mie conversazioni. Sarà anche una brava persona ma di certo non l’ho mai vista”.
L’imprenditore Fasulo conosce invece molto bene Rosario Stracquadaino, difeso dall’avvocato Giuseppe Nicosia, il terzo imprenditore interessato dalle indagini avviate dalla procura sulle presunte assunzioni di personale non autorizzate per il polo agroserricolo-fotovoltaico dell’Agroverde.
“Gli inquirenti hanno trovato e sequestrato le istanze di 386 lavoratori – ammette Fasulo – 41 delle quali erano destinate alla forza lavoro da impiegare nel refitting al pontone “Trinacria” ormeggiato al porto di Gela e che invece trasferirò a Siracusa, pagando 50 mila euro in più. Le richieste erano incustodite in un cassetto della reception, dove chi arrivava li buttava lì. Vi erano indicate mansioni e numeri di telefono. Mi serviranno più persone, ma a Gela non farò più niente. In città continuo a subire minacce. Ho la registrazione di un ex poliziotto che mi ha minacciato pur di ottenere un lavoro. Ho chiesto di fare una perizia giurata al nastro”.
“Siamo a disposizione della Procura – sottolineano i legali Giovanni Lo Monaco e Nicosia – e confidiamo nella serietà della giustizia. La procura ha il diritto di fare le indagini”.