Gela. False fatturazioni e forniture inesistenti per aggirare il fisco ed eludere i controlli. Nel processo aperto a carico degli imprenditori Salvatore Greco, Alessandro Lignano, Antonio e Maria Migliore, spunta un ex esercente del settore edile, vessato e diventato collaboratore di giustizia.
F.C., infatti, è stato sentito davanti al giudice Domenico Stilo ed ha risposto alle domande formulate dal pubblico ministero Pamela Cellura.
Le accuse contestate ai quattro traggono spunto da un’operazione giudiziaria ancora più ampia, quella che coinvolse il gruppo Cedis.
“Ricordo moltissime minacce criminali in quel periodo – ha spiegato l’ex esercente – ero costretto a fare tutto quello che mi chiedevano. Spesso, non sapevo neanche di essere indicato come amministratore di società. Molte forniture di materiali, risultate intestate alla mia impresa, furono effettuate dopo la cessazione definitiva dell’attività. Non riuscivo più ad andare avanti. Decisi di lasciare la città nel 2004”.
Il collaboratore, inoltre, ha ammesso che altri esercenti in quel periodo erano sottoposti a minacce. “Sicuramente – ha detto – le imposizioni arrivavano anche al gruppo Migliore”. F.C. ha risposto alle domande formulate da uno dei legali di difesa, l’avvocato Maurizio Scicolone.
Nel corso dell’udienza, comunque, non sono mancati altri colpi di scena. “Preferisco non rispondere alle domande. Ho paura per la mia incolumità”. Queste sono state le poche parole pronunciate in aula da Salvatore Cassarà che, dopo la scelta di collaborare con la giustizia, è comunque uscito dallo speciale programma di protezione. Così, ha comunicato al giudice Stilo di non voler rispondere, allo scopo di evitare qualsiasi ripercussione personale.
A conclusione delle testimonianze, il magistrato ha optato per il rinvio all’udienza del prossimo 16 ottobre.