“Siamo vittime di mafia”, diverse famiglie presentano istanza al ministero

 
0

Gela. Sono oltre una decina in provincia ma la gran parte è stata formulata da famiglie locali che ancora risentono degli effetti collaterali prodotti dalla sanguinosa guerra di mafia d’inizio anni’90.

In otto, infatti, hanno presentato domanda davanti alla speciale commissione che si occupa di valutare le richieste per il riconoscimento dello status di vittime di mafia.
Chiedono, quindi, che le sofferenze patite in quella terribile fase storica attraversata dalla città vengano ufficialmente riconosciute. Stando ai dati diffusi dai funzionari ministeriali, la percentuale d’istanze è in crescita. Non si tratta soltanto di famiglie che, in quel periodo, hanno dovuto piangere le loro innocenti vittime.
Nell’elenco sono ricomprese le istanze presentate da chi è diventato, involontariamente, bersaglio di agguati o rese dei conti tra clan rivali, riportando ferite e conseguenze fisiche permanenti. Nella maggior parte dei casi, i nominativi sono stati coperti dall’anonimato.
Le istanze, fin dallo scorso gennaio, sono pervenute sui tavoli dei componenti della commissione istituita dal ministero dell’interno. Così, i tecnici romani hanno stilato un primo elenco.
Spetterà, adesso, alla commissione vagliare le domande e ammettere quelle che rientrano nei parametri fissati dalla legge. L’eventuale riconoscimento dello status di vittima di mafia apre le porte ad un particolare regime di copertura economica, destinata ad agevolare quelle famiglie rimaste orfane dei loro cari e che, più in generale, hanno dovuto subire gli effetti della violenza esercitata dei clan locali.
Già negli scorsi mesi, lo status di vittima della criminalità organizzata venne riconosciuto ad un uomo, rimasto ferito dopo essersi involontariamente trovato in uno dei teatri della faida esplosa tra gli affiliati a cosa nostra e quelli della stidda.
Altro caso che si appresta ad essere vagliato è, inoltre, quello del giovanissimo Angelo Legname, ucciso nell’aprile di quindici anni fa da Giuseppe Maniscalco e Giovanni Di Giacomo, ritenuti vicini al gruppo degli stiddari. Il giovane avrebbe cercato d’impedire che la criminalità organizzata imponesse la messa a posto ai danni dell’impresa del padre Salvino.
Legname aveva da subito cercato di allontanare i picciotti della stidda da sé e dalla sua famiglia. Uno dei killer, addirittura, viveva nello stesso stabile della famiglia del giovane ucciso.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here