Gela. Il tratto di mare che, lo scorso 4 giugno, è stato teatro dello sversamento d’idrocarburi causato da un guasto all’interno della fabbrica Eni, continua ad essere molto battuto dai pescatori.
In sostanza, dopo i primi giorni successivi agli interventi di bonifica, l’attività di pesca è proseguita nonostante la presenza di un divieto permanente di balneazione.
Per questa ragione, negli scorsi giorni, non sono mancate le segnalazioni giunte agli uffici della capitaneria di porto. Il timore, soprattutto degli esponenti di diverse associazioni della sfera ambientalista, riguarda l’eventuale passaggio del pescato sulle tavole o sui banconi delle tante rivendite locali.
“Quella che si affaccia lungo il fiume Gela – spiega l’esponente di Legambiente Pietro Lorefice – è un’area totalmente interdetta. Peraltro, parliamo della rada di un porto industriale come quello che viene utilizzato dal gruppo Eni. A questo punto, mi chiedo perché i pescatori non vengano fermati. Le segnalazioni sono tante”.
Denunce che arrivano direttamente negli uffici della capitaneria di porto. Gli operatori in servizio hanno avviato vere e proprie attività di verifica della qualità del pescato che arriva sui banconi delle rivendite: con l’obiettivo di evitare che prodotti non tracciabili possano essere venduti ai consumatori.
In ogni caso, come ribadito dalle associazioni, il fenomeno della pesca nell’area del fiume Gela non sembra destinato ad estinguersi, perlomeno nel breve periodo.