Gela. “Partire più forti di prima”, uno degli slogan utilizzati da dirigenti Eni e sindacati a conclusione delle ultime trattative che hanno portato alla stipula di accordi complessivi sul prossimo futuro della fabbrica di contrada Piana del Signore.
Un motto che, però, durante il consiglio di fabbrica di tutte le aziende del gruppo Eni riunitosi ieri mattina, è riecheggiato quasi a voler rafforzare lo sconforto abbattutosi sui lavoratori.
“Non siamo criminali – hanno detto durante i loro interventi – ormai la gente ci guarda con diffidenza solo perché lavoriamo all’interno della fabbrica. Siamo quelli brutti, sporchi e cattivi, soprattutto dopo ciò che è successo lo scorso 4 giugno. Anche le nostre famiglie vivono in questa città e respirano la stessa aria. Siamo tutti molto preoccupati”. Il timore si chiama blocco della produzione.
“Attualmente – ha detto il segretario della Femca Cisl Francesco Emiliani – per non fermare i pozzi Enimed, i dirigenti hanno deciso di raffinare altrove il greggio estratto dal sottosuolo. La fabbrica, dopo il sequestro del Topping 1, è bloccata. C’è veramente da preoccuparsi”.
La tensione continua ad essere alta. In sostanza, lavoratori e sindacalisti hanno già compreso di non avere più dalla loro stessa parte la cittadinanza.
“Una manifestazione come quella del 2001, quando c’era da evitare la chiusura a causa della questione pet coke – hanno ribadito i lavoratori – oggi, non sarebbe più possibile. Questa dirigenza si è completamente arroccata. Nessuno, all’esterno, sa più cosa succede in fabbrica”. Durante la riunione, non sono mancate le stoccate verbali rivolte alla recente visita dei componenti della commissione territorio e ambiente dell’Ars.
“Vorrei capire – è intervenuto il segretario della Filctem Cgil Alessandro Piva – come mai il presidente della commissione e gli altri membri hanno ritenuto opportuno non convocare i sindacati. Magari, qualcosa in materia potevamo anche riferirla. Invece, si è preferito dare precedenza ad altri, competenti e non”.
E, adesso, la questione si fa sempre più spinosa. “Ma noi lavoratori e sindacalisti – si sono chiesti altri dipendenti – abbiamo fatto tutto quello che era necessario? Come mai un consiglio di fabbrica come questo si riesce ad organizzare solo sporadicamente? Siamo sicuri che i dirigenti Eni siano ancora disposti ad investire? Da anni, ci propongono sempre lo stesso piano d’attività. Non cambia mai nulla”.
L’emergenza, ovviamente, non riguarda solo raffineria. Gli operatori di Enimed sono da mesi in allerta. I vertici del gruppo estrattivo sembrano intenzionati a ridimensionare attività ed investimenti davanti alla nuova normativa sulle royalties regionali. Un fermo non toccherebbe solo i lavoratori del diretto ma anche gli oltre cinquecento del “silenzioso” indotto.
“Bisogna essere realisti – ha aggiunto il segretario della Uiltec Silvio Ruggeri – i problemi ci sono e vanno affrontati. Ma non possiamo accettare che a parlare della fabbrica siano personaggi che non sanno neanche a cosa si riferiscono. A tutto c’è un limite. Senza conoscere i dati, si fa solo inutile propaganda”. Intanto, si rimane in attesa di una decisione che dovrebbe giungere da Palazzo di giustizia. Il sequestro del Topping 1, a detta di lavoratori e sindacalisti, continua a pesare.
“In ogni caso – hanno spiegato alcuni degli intervenuti – vorremmo evitare che gli stessi dirigenti di raffineria utilizzino questo caso come scusa per tirarsi indietro. Non daremo alibi a nessuno. Questa, è soprattutto la nostra fabbrica”.