Gela. Tutti assolti, con formule che vanno dal “non aver commesso il fatto” e fino al “fatto non costituisce reato”. Il collegio penale del tribunale, presieduto dal giudice Miriam D’Amore (a latere Martina Scuderoni ed Eva Nicastro), ha concluso così il lungo procedimento scaturito dalla maxi inchiesta sul presunto disastro ambientale innominato, contestato a manager e operatori delle società del gruppo Eni, attive in città. L’assoluzione è stata disposta per Battista Grosso, Bernardo Casa, Settimio Guarrata, Alfredo Barbaro, Marcello Tarantino, Lorenzo Fiorillo, Antonino Galletta, Renato Maroli e Massimo Barbieri (per loro la procura aveva concluso con la richiesta di condanna a tre anni di reclusione come indicato dal pm Gaetano Scuderi) e ancora per Salvatore Losardo, Michele Viglianisi, Arturo Anania, Emanuele Caiola, Paolo Giraudi, Massimo Pessina, Rosario Orlando, Giuseppe Ricci, Pietro Caciuffo e Pietro Guarneri (rispetto a queste posizioni la richiesta era di assoluzione). Il collegio penale ha escluso la responsabilità da illecito amministrativo della società Raffineria di Gela. Solo per alcuni capi di accusa è maturata la prescrizione, come posto dal collegio nel dispositivo. Il pm Scuderi, nella sua requisitoria, ha sostenuto che “la contaminazione è durata anni e ancora oggi non è stata rimossa”. Dal sistema Snox e fino al pet-coke passando per “la barriera fisica inidonea”, l’accusa ha tratteggiato gli aspetti principali che avrebbero favorito il danno patito dal territorio e dalla città, in termini ambientali e di salute collettiva. Le difese, attraverso perizie tecniche, durante il complesso dibattimento, hanno respinto le accuse e ribattuto circa il rispetto delle procedure impartite dalle autorità competenti. I legali degli imputati hanno messo in forte discussione la stessa base dell’eventuale disastro ambientale.
Stando alle contestazioni, negli anni ci sarebbe stato un fenomeno di contaminazione “grave, esteso e complesso”, di tutte le matrici. Una ricostruzione che secondo i legali degli imputati non può legarsi alle condotte dei riferimenti Eni e al ciclo produttivo delle aziende. Per la condanna degli imputati e il riconoscimento del diritto al risarcimento dei danni avevano concluso, tra gli altri, l’avvocato Dionisio Nastasi per conto del Comune (che ha insistito sulle conseguenze patite dalla città a seguito del ciclo dell’industrializzazione pesante) e l’Avvocatura dello Stato, con il legale Giuseppe Laspina, per il Ministero dell’ambiente. Parti civili sono inoltre le associazioni “Aria Nuova” e “Amici della Terra-Gela”, rappresentate dai legali Joseph Donegani e Maurizio Scicolone, molti cittadini e proprietari terrieri che lamentavano di aver subito danni alla salute e alle loro stesse attività, spesso a ridosso dei siti Eni. Sono assistiti dagli avvocati Nicoletta Cauchi, Maurizio Scicolone, Raffaela Nastasi, Claudio Cricchio, Tommaso Vespo, Enrico Aliotta, Emanuele Maganuco, Giovanna Cassarà, Francesco Spataro, Pietro Stimolo e Laura Cannizzaro. Le motivazioni saranno depositate nel termine di novanta giorni.