Gela. Studenti in rivolta e in stato di agitazione contro Grazio Di Bartolo, dirigente dell’istituto “Emanuele Morselli”. Protestano da due giorni e pensano di farlo ad oltranza.
Cori da stadi hanno contraddistinto la mattinata di ieri, quando il preside Di Bartolo ha chiesto l’intervento delle forze dell’ordine, preoccupato dagli striscioni esposti all’ingresso dell’Itis e dai fumogeni utilizzati dai manifestanti. Gli studenti lamentano ad un’unanimità un malcontento generale. A scatenare le proteste sono state le non risposte alle incessanti domande dei rappresentanti. “Continueremo a manifestare fino a quando non otterremo le risposte che cerchiamo- hanno dichiarato a gran voce gli studenti- ci sentiamo calpestati e se dopo l’assemblea indetta il preside non ci garantirà un cambiamento tangibile, continueremo a oltranza”. Non tarda ad arrivare la replica del preside che si scrolla di dosso le accuse e sostiene di essere aperto al dialogo e disposto ad andare incontro alle esigenze di tutti. La querelle non sembra placarsi, almeno per ora. “Questa per noi è una grande rivoluzione perché non riusciamo ad avere un dibattito diretto col preside- ha dichiarato Giulia Abela- non abbiamo la possibilità di accedere ai laboratori”. Gli studenti vorrebbero partecipare ad attività extra scolastiche . Dal canto suo il dirigente Di Bartolo risponde che un unico laboratorio non è in utilizzo e questo è di competenza della provincia, sono stati già fatti, infatti, dei solleciti. “ In realtà ho incontrato più volte i ragazzi- ha detto il preside Di Bartolo- gli studenti non vogliono rispettare le regole basilari. Sono disponibile al dialogo al contrario di quello che sostengono loro. Ho fatto il massimo – ha continuato il dirigente- per andare incontro alle loro richieste”. Presente alle proteste anche qualche genitore a supportare le idee del figlio. “I problemi – ha detto lo studente Antonio Iapichello- persistono da tanto tempo, già ad ottobre siamo stati costretti a far lezione senza acqua e luce e il preside così facendo ha messo a repentaglio la nostra incolumità. Perché – ha continuato Iapichello – in caso di allarme le campanelle non funzionanti non potevano avvertirci”.