Gela. Per i suoi familiari aveva maltrattato l’anziano zio in procinto di morte. Dieci cugini, infatti, avevano riscontrato lividi sul capo della salma durante la veglia funebre.
Al centro delle accuse, una donna, loro stretta parente, che si occupava di assistere l’uomo. Adesso, però, il giudice Domenico Stilo ha deciso di condannare i dieci che adombrarono i sospetti. La donna si è costituita parte civile nel procedimento penale insieme all’avvocato Maurizio Scicolone. Tutti gli imputati sono stati condannati a due anni di reclusione, con pena sospesa. I dieci, finiti sotto processo, dovevano rispondere di calunnia proprio in relazione ai sospetti lanciati. Nel corso dell’udienza svoltasi ieri mattina, l’avvocato Paolo Cafà, difensore degli imputati, ha contestato le accuse mosse ai suoi assistiti. “Le calunnie – ha spiegato – non possono sussistere perché, davanti ai lividi riscontrati sul capo dell’uomo, sono state fornite troppe versioni discordanti. Quindi, nei parenti è sorto l’inevitabile dubbio”. Alla fine, la linea dell’accusa è passata come indicato nel dispositivo letto in aula dal giudice Domenico Stilo. I fatti risalgono a sei anni fa e i dubbi sorsero proprio mentre si celebrava la veglia funebre in onore dell’anziano che, a causa di una grave malattia, non riusciva più a deambulare in autonomia. La condanna è stata caldeggiata anche dal pubblico ministero.