“Alferi è ancora pericoloso e non si è mai dissociato”, rinnovato il regime del 41 bis

 
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Per Alferi è stato rinnovato il regime del 41 bis

Gela. Per gli inquirenti è ancora pericoloso, capace di avere collegamenti con il gruppo criminale che capeggiava e non si sarebbe mai dissociato da quel contesto. Ragioni che hanno portato all’emissione di un provvedimento di rinnovo del regime detentivo del carcere duro per il sessantenne Giuseppe “Peppe” Alferi. E’ stato formalizzato a livello ministeriale. Alferi venne arrestato al termine del blitz “Inferis”. Fu individuata quella indicata come “terza mafia” locale, oltre a Cosa nostra e stidda. Secondo gli investigatori, Alferi avrebbe avuto la piena reggenza dell’organizzazione. Da allora, è scattato il regime detentivo del 41 bis, fino a oggi sempre rinnovato. La difesa, sostenuta dal legale Maurizio Scicolone, anche nel corso del procedimento penale scaturito dall’inchiesta “Inferis”, ha sempre escluso l’esistenza di una struttura mafiosa che gravitava intorno a “Peppe” Alferi. Il gruppo, per il legale, non esisterebbe più. Alferi si definì “un malandrino” ma non inserito nell’organigramma criminale di una famiglia di mafia.

Dai rapporti emessi dalla Direzione nazionale antimafia e dalle autorità preposte, risultano però conclusioni che vanno a confermare la necessità di mantenere il regime del carcere duro. La difesa si rivolgerà, attraverso reclamo, al tribunale di sorveglianza di Roma, proprio per contestare il provvedimento da poco emesso. In diverse occasioni precedenti, si sono espressi per la conferma del regime detentivo rafforzato sia lo stesso tribunale romano sia la Corte di Cassazione.

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