Gela. “La città sana è con le istituzioni e con le forze dell’ordine. Vogliamo un percorso virtuoso, accompagnateci”. Il sindaco Terenziano Di Stefano ha introdotto così la visita in municipio del presidente della commissione antimafia regionale Antonello Cracolici. La scorsa settimana, il procuratore generale presso la Corte d’appello di Caltanissetta, in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, ha parlato della “città più armata”, riferendosi proprio a Gela. Dati che preoccupano come ha riferito il presidente del consiglio comunale Paola Giudice. Alla visita ha preso parte il senatore Pd Enza Rando, che si occupa da anni dei fenomeni mafiosi e criminali e fa parte dell’ufficio di presidenza della commissione nazionale antimafia. “La mafia oggi non sta sparando ma le armi circolano – ha sottolineato Cracolici – non so se Gela sia la città più armata ma la questione c’è. Nelle nostre comunità sappiamo chi sono i mafiosi. Il più grande alleato della mafia è l’esercito degli indifferenti. Ancora oggi, c’è chi denuncia gli estorsori ma anche chi li va a cercare. La mafia ormai rilascia “fattura”, con servizi, attività di sicurezza e merci immesse nel mercato. Ci sono esponenti politici che durante i periodi elettorali si recano dalle famiglie criminali. La situazione nel catanese è molto delicata. La politica non deve essere sporcata”. Armi e droga sono punti determinanti nelle indagini che vengono sviluppate anche dalla procura locale. L’attenzione è alta. “Noi monitoriamo tutti gli appalti e i cantieri del Pnrr – ha precisato Di Stefano – abbiamo sottoscritto protocolli con la Corte dei Conti e con le forze dell’ordine. Attualmente, abbiamo lavori per sessanta milioni di euro”. Cracolici ha richiamato la necessità del “rigore” e di un’attenzione ancora maggiore. “Chi è neutrale favorisce la criminalità’, ha osservato. Il presidente dell’antimafia regionale ha ricordato il ruolo della criminalità gelese che ha radici pure nel nord Italia. Si è riferito all’inchiesta “Hydra” che ha fatto luce su alleanze tra gruppi calabresi, gelesi e campani, tutti trapiantati in Lombardia. All’iniziativa non sono mancati consiglieri di maggioranza di Pd, M5s e “Una Buona Idea”, assessori ed esponenti di opposizione, come il forzista Antonino Biundo, così come i riferimenti dei partiti di governo della città. In aula, tra il pubblico, l’ex assessore Romina Morselli e l’ex presidente del civico consesso Salvatore Sammito. C’erano il parlamentare Ars Nuccio Di Paola, il senatore M5s Pietro Lorefice, l’ex deputato regionale Giuseppe Arancio (commissario cittadino dem). Cracolici non ha dimenticato l’importanza del monitoraggio con i sistemi di videosorveglianza.
‘Bisogna avere uno sguardo ampio – ha detto inoltre – bisogna incidere contro le solitudini. Anche la chiesa deve avere un ruolo più attivo. Tutti i vescovi siciliani devono rilanciare l’attività educativa sul territorio. Basta processioni che si fermano davanti alle case dei boss. Rafforziamo l’attenzione. Più oratori per formare i giovani”. La commissione regionale antimafia ha già incontrato oltre trecento sindaci siciliani.
“Costruiamo un’alleanza – ha sottolineato il presidente – nessuno deve girarsi la faccia. Non bastano gli investimenti e le opere. Il sistema politico locale deve avere una direzione. La commissione antimafia è un attento osservatore. Non ci innamoriamo degli slogan ma dell’agire”. Non si deve “stare in silenzio”, è intervenuto ancora Di Stefano. “Gela è stata la città dell’antimafia”, ha ricordato Rando. “Quando sui territori arrivano risorse finanziarie, allora arrivano anche le mafie – ha detto nel suo intervento Rando – tanti sindaci al sud sono soli. Deve esserci una rete. Noi siamo contro le mafie”. Sono i minori che vanno garantiti per sottrarli alle mafie, secondo Rando. “Educhiamo i figli dei mafiosi – ha commentato il senatore Pd – non devono per forza diventare mafiosi a loro volta. Gela deve riprendersi l’orgoglio di essere la città antimafia”. I capigruppo di maggioranza di Pd e M5s, Orlando e Castellana, sono intervenuti richiamando l’importanza della cultura e della formazione ma anche di interventi concreti, “con più forze della municipale”. Castellana si è più volte soffermato sulla cultura contro la visione “mafiocentrica”. La mafia che ha la capacità di controllare i fallimenti societari per poi prendersi le aziende, ha indicato l’esponente M5s. “Bisogna avere il coraggio di dire che la mafia fa schifo, dobbiamo andare nelle scuole e dare più risorse per le forze dell’ordine. Questa amministrazione vuole farlo. Non devono esserci divisioni”, è intervenuto il capogruppo FI Antonino Biundo. Per il consigliere di “Avanti Gela” Gabriele Pellegrino su temi così importanti come la lotta alla mafia “non devono esserci divisioni politiche”. “Non dobbiamo abbassare la guardia – ha proseguito – la mafia è dormiente ma non sconfitta. C’è una pseudo cultura malavitosa”.
Il consigliere di “Una Buona Idea” Massimiliano Giorrannello ha ricordato il ruolo dei “martiri”, i magistrati e i sacerdoti uccisi dalla mafia. “La mafia è una montagna di merda”, ha chiosato il consigliere civico. L’ex sindaco di Niscemi e attuale consigliere comunale dem Giovanni Di Martino ha proposto l’istituzione di un osservatorio comprensoriale che possa monitorare i fenomeni criminali sul territorio, a iniziare da Gela e Niscemi. Una proposta che per Di Stefano va accolta e sviluppata. Il consigliere dem Antonio Cuvato ha sottolineato l’esigenza di “nuove opportunità” per dare un messaggio concreto a chi vive sul territorio. Il componente della struttura commissariale del Pd Giovanni Ferro ha ricordato l’importanza dei protocolli di legalità per gli appalti, anche nel contesto Eni. “C’erano infiltrazioni mafiose nei subappalti – ha indicato – con l’aumento dei controlli tutto questo non c’è stato più. La lotta sindacale e una politica sensibile proteggono il tessuto produttivo sano. Abbiamo messo una diga. La totale liberalizzazione dei subappalti rischia di favorire le infiltrazioni. Il protocollo di legalità pone un freno. L’amministrazione deve confrontarsi con il sindacato”. Il consigliere M5s Vincenzo Tomasi, il più giovane del civico consesso, ha definito la mafia “un virus”. “Il nostro territorio ha bisogno delle istituzioni – ha concluso – non c’è più la guerra di mafia ma tanti giovani nutrono una sorta di odio verso le istituzioni e le forze dell’ordine. Dobbiamo dare sostegno a questo territorio”.