Gela. Quattro anni di reclusione per aver mentito davanti ai giudici in un processo aperto contro diversi esponenti della criminalità organizzata gelese. Il giudice Domenico Stilo, in questo modo, ha pronunciato la sua decisione nei confronti dell’imprenditore Calogero Bennici, ex titolare di una rivendita d’automobili.
L’imputato doveva rispondere di falsa testimonianza e di aver favorito, con la sua condotta, la criminalità organizzata. Stando all’accusa, l’uomo avrebbe prima denunciato una serie di pressioni ai suoi danni, finalizzate ad imporgli il pagamento di una consistente messa a posto: successivamente, però, le avrebbe negate anche davanti ai giudici.
Le sue dichiarazioni erano state utilizzate dagli investigatori della direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta per acquisire utili elementi d’accusa nei confronti di diversi esponenti della criminalità organizzata gelese. In aula, però, Bennici avrebbe ritrattato completamente le dichiarazioni rilasciate davanti agli inquirenti: escludendo che corrispondessero alla verità. Così, è finito davanti al giudice Domenico Stilo.
Le responsabilità dell’imputato sono state descritte in aula dal pubblico ministero Elisa Calanducci che, per questa ragione, ha chiesto la condanna dell’imputato. Bennici, nel corso del procedimento aperto a sua carico, ha negato la presunta ritrattazione delle dichiarazioni. Non ha nascosto, comunque, che più volte diversi esponenti delle famiglie mafiose gelesi si erano rivolti a lui e ai parenti che gestivano la concessionaria d’auto per avere soldi o, in alternativa, auto a costo zero.
Il giudice Domenico Stilo, in ogni caso, non ha accolto la linea difensiva: comminando all’imputato una pena di quattro anni di reclusione. Decisiva, da questo punto di vista, è stata la condotta assunta da Bennici durante la testimonianza finita al centro del procedimento. In base alla contestazione mossagli dai magistrati della procura di Gela, l’uomo avrebbe negato di aver mai rilasciato notizie o informazioni agli investigatori.
Per questa ragione, gli è stata contestata l’aggravante di aver favorito la criminalità organizzata. Non è da escludere che il passo indietro dell’uomo fosse da legare alle pressioni subite che, così, lo spinsero a negare qualsiasi dichiarazione già inserita nei verbali redatti dagli investigatori della direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta.