Gela. Verranno valutate dal giudice Miriam D’Amore le eccezioni
preliminari avanzate dai difensori di alcuni degli imputati, nel giudizio scattato dopo la tragica fine dell’operaio trentenne Francesco Romano, morto in raffineria nel novembre di cinque anni fa.
L’incidente in raffineria. Gli avvocati Antonio Gagliano, Lorenzo Infantino e Alessandra Geraci, hanno sollevato una serie di eccezioni, tutte legate sia all’eventuale nullità della richiesta di rinvio a giudizio formulata dai pm della procura sia alla fase dell’incidente probatorio, svoltasi nel corso delle indagini. Il giovane operaio venne travolto da enormi tubi, accatastati lungo la radice pontile della raffineria Eni. Per lui non ci fu niente da fare. Era impegnato, insieme ai compagni di lavoro della Cosmi Sud, in interventi proprio in quell’area dello stabilimento di contrada Piana del Signore. A processo, ci sono Bernardo Casa, Ignazio Vassallo, Fabrizio Zanerolli, Nicola Carrera, Fabrizio Lami, Mario Giandomenico, Angelo Pennisi, Marco Morelli, Alberto Bertini, Patrizio Agostini, Sandro Iengo, Guerino Valenti, Rocco Fisci, Salvatore Marotta, Serafino Tuccio e Vincenzo Cocchiara. Stando alle accuse, l’area di cantiere non sarebbe stata idonea alle attività svolte dagli operai impegnati. Inoltre, sarebbero mancati i controlli sulla catasta di tubi collocata nei pressi della radice pontile e ferma lì da circa sei anni. Manutenzione dell’area inesistente e, addirittura, dati tecnici appositamente modificati per consentire la rapida conclusione dei lavori. Sarebbe questo lo scenario, almeno secondo i magistrati della procura, che avrebbe condotto all’incidente mortale. I legali di parte civile che assistono i familiari dell’operaio morto, gli avvocati Salvo Macrì, Joseph Donegani ed Emanuele Maganuco, invece, si sono opposti alle eccezioni avanzate dai difensori, ritenendole infondate. Stessa linea assunta dal pubblico ministero Pamela Cellura. Alla prossima udienza, il giudice emetterà la propria decisione, in attesa dell’apertura del dibattimento.