Gela. Lo scopo di questo mio lavoro è quello di permettere ad una categoria di persone,
che per un motivo o per un altro non hanno avuto la possibilità, di conoscere i fatti storici che si sono verificati nel 1860 nel Regno delle Due Sicilie.
Come nel convivio, il grande poeta Italiano, Dante, si rivolge alla classe meno qualificata culturalmente perché è più interessata al volgare italiano e non al latino, mentre i grandi pensatori di allora, scrittori e poeti, si dedicavano soltanto alla lingua latina.
Noi non possiamo rivolgerci agli uomini di cultura, alla scuola, ai politici, perché interessati a proteggere i loro tornaconti personali e poi per fare carriera hanno dovuto sostenere dei testi di antimeridionalismo e di cancellazione della storia patria.
Infatti tutti i meridionali che sono chiamati ad assumere posti di responsabilità nelle scuole o nella politica hanno cancellato dalla loro mente i fatti storici che segnarono la storia del Regno delle Due Sicilie.
Noi, come lo stesso Dante, vogliamo presentare ai nostri convitati, quella parte di storia che i piemontesi hanno cancellato e distorto coniando vocaboli come brigante o Borbonico, in senso dispregiativi e inserendoli anche nel dizionario italiano.
In un censimento del parlamentare Federico Bellazzi nel 1866 “prigioni e prigionieri nel Regno d’Italia”, emerse che nella sola Agrigento (denunciato dallo stesso Francesco Crispi) in un mese vi furono 32.000 detenuti (più della metà dell’intera popolazione carceraria annua in Italia oggi) stipati oltre che nelle carceri, in cripte, grotte, cimiteri, tutte vittime dei rastrellamenti.
Sbarcato in Sicilia, Garibaldi, emanava decreti di ogni genere, in virtù dei poteri a Lui conferiti, non si sa da chi e la gente veniva arrestata per attentati, che avevano per oggetto di cambiare il Governo. Negli anni precedenti all’arrivo di Garibaldi, non c’erano stati più di 1.560 detenuti in un anno, mentre il 30 di settembre del 1860, tre settimane dopo la “liberazione” sono già saliti a 18.462. Il deputato Luigi Miceli, chiedeva che almeno si desse termine ai processi degli accusati, dopo i fatti di Taverna in Calabria.
Un grande cronista dell’epoca Oscar De Poli, nel suo scritto da Naples a Palermo, scrive che nelle segrete dei liberatori vi erano stipati più di 80.000 meridionali. Questi i dati negativi che incominciano ad emergere nel Regno delle Due Sicilie dopo l’inizio del mese d’agosto del 1860.
Il popolo duo-Siciliano dovette sopportare le pene dell’inferno, come asserisce lo stesso Gramsci nel suo trafiletto segreto, perché nei documenti ufficiali dichiara che il Piemonte era l’unica regione comandata dal Padre Eterno a unificare l’Italia di allora, massacrando e stuprando un popolo intero. Applicando la teoria Machiavellica nel suo aspetto più deleterio, negato dallo stesso autore.
Tutti gli uomini di cultura del periodo e dopo salutarono con grandi applausi i comportamento del re Savoiardo Vittorio Emanuele II che non era insensibile al grido di dolore che da tutte le parti d’Italia si elevava verso di lui.
Il vero grido di dolore era stato qualche anno prima, quello che aveva notato il grande poeta Giacomo Leopardi che nonostante le sue condizioni fisiche si era permesso di gridare: ora sei sola e indifesa, mostri nuda fronte e spoglio il petto. Chi ti ha ridotta in tale stato?. Nessuno impugna le armi per te? Nessuno dei tuoi? Armi, qui le armi; solo io combatterò, cadrò come guerriero valoroso: A me le armi, a me la spada. Ma il poeta noto per il suo pessimismo cosmico era l’unico uomo onesto dell’ottocento e sicuramente non avrebbe accettato i soprusi dei Piemontesi. Perché i poeti meridionali di allora come quelli nazionali evadevano il massacro dei carnefici piemontesi. Il poeta Giosuè Carducci, nei suoi inni colpisce la sensibilità dell’Italia unita, come Giovanni Pascoli, Giovanni Verga, Luigi Capuana e tanti altri che hanno bisogno di trattare argomenti strappa lacrime per non affrontare il problema meridionale vietato dai Tosco- Padani.
Allora la miseria dei meridionali, provocata dall’invasore padano con la relativa colonizzazione, è l’argomento più consono a giustificare il comportamento dei massacratori Savoia con l’unificazione dell’Italia.
Il Carducci, che viveva alla corte del re di Savoia, amante della Regina, non conosceva i fatti che avvenivano nel nuovo regno, come il massone Verga che viveva a Milano ignorava la storia vera, lui verista per eccellenza, per passare alla storia è verista del particolare voluto dai piemontesi.
Questi uomini di cultura falsi, non possono essere invitati al mio convivio e fino a quando non prendono coscienza della realtà storica sono considerati prezzolati e inutili alla società che si vantano di insegnare falsità e ladrocini alla nostre giovani generazione. Seguaci di quel Vittorio Emanuele II che non ascoltava il vero grido di dolore e lacrime del mondo meridionale, ma il falso grido di dolore da lui inventato dei popoli che volevano rimanere liberi, ma che oggi dopo più di 150 chiedono l’autonomia da questa Italia, governata da ladri, divisa a metà.
Articolo interessante. Chiedo all’autore , se possibile, di illuminarmi su ” I FATTI DI TAVERNA”, poichè navigando in internet non sono riuscito a trovare niente , ed essendo io calabrese ne vorrei sapere di più.
Ringrazio anticipatamente
Michele