Gela. Mancano gli “elementi soggettivi” per risalire a presunte responsabilità dell’ex dirigente comunale Patrizia Zanone e del rup di quella procedura, il dipendente comunale Rocco Incardona. La procura, attraverso il pm Gaetano Scuderi, ha chiesto l’assoluzione per entrambi, con la formula “perché il fatto non costituisce reato”. L’inchiesta si sviluppò dall’affidamento di un appalto per la rimozione urgente di cumuli di rifiuti che si erano man mano ammassati durante una delle fasi dell’emergenza registratasi nel corso della sindacatura Messinese. Il lavoro venne affidato alla società Licata clean service (che non è stata toccata dalle verifiche investigative). Inizialmente, si ipotizzò un’aggiudicazione di favore, forzando i parametri previsti per interventi di quel tipo. A segnalare presunte irregolarità fu l’imprenditore Giuseppe Romano, alla guida di Roma costruzioni, parte civile nel giudizio, assistito dall’avvocato Fabrizio Ferrara. I primi approfondimenti furono volti a delineare il contesto dell’aggiudicazione. L’azienda che ottenne il servizio d’urgenza, si ritenne potesse non avere tutti i requisiti dettatati dalla normativa. Il pm ha parlato di errori amministrativi nella gestione del servizio rifiuti, soffermandosi sui costi aggiuntivi, ma ha ribadito che sono mancati riscontri diretti su eventuali condotte irregolari o di favore dei due imputati.
La contestazione di abuso d’ufficio è stata comunque già abrogata mentre per l’ipotesi di turbata libertà degli incanti anche le difese hanno messo in luce la totale assenza dei presupposti. Gli imputati sono rappresentati dagli avvocati Tommaso Vespo, Franca Gennuso e Rocco La Placa. Nel giudizio, infine, c’è il Comune come responsabile civile. Il collegio penale, presieduto dal giudice Miriam D’Amore (a latere Eva Nicastro e Martina Scuderoni), deciderà a metà dicembre.