Gela. Una dura condanna a sette anni e un mese di reclusione
dopo una spedizione di fuoco.
Gli spari contro l’abitazione. La difesa del ventisettenne Igland Bodinaku, albanese da anni residente in città, si prepara ad impugnare il verdetto di primo grado che a fine maggio impose la pesante decisione. Per l’accusa, l’imputato avrebbe fatto parte del terzetto che, pistola in pugno, esplose diversi colpi in direzione dell’abitazione di famiglia di un rivale, Graziano Romano. Solo qualche ora prima, c’era stata una lite tra lo stesso Romano ed altri coetanei, compreso Bodinaku. In aula, l’imputato ha sempre escluso di aver sparato. Ha ammesso di aver fatto parte del gruppo di fuoco, ma senza esplodere i colpi. La pistola l’avrebbe utilizzata un terzo giovane, rimasto però senza identità. I difensori, gli avvocati Carmelo Tuccio e Flavio Sinatra, hanno più volte sottolineato l’assenza di elementi certi per collegare il ventisettenne agli spari contro l’abitazione della famiglia Romano. Dopo qualche mese, Igland Bodinaku venne gravemente ferito dalla vendetta orchestrata da Romano che, per questi fatti, è stato condannato in via definitiva a sei anni e otto mesi di detenzione. Il giovane albanese venne colpito in più parti del corpo, mentre si trovava agli arresti domiciliari nel suo appartamento di Sant’Ippolito, ma riuscì a raggiungere l’ospedale Vittorio Emanuele. La condanna, due anni fa, sempre per la spedizione punitiva ai danni di Romano, arrivò anche per Antonio Radicia, difeso dall’avvocato Davide Limoncello, che patteggiò dal gup ad un anno e mezzo di reclusione. Sul caso di Bodinaku, saranno i giudici della Corte d’appello di Caltanissetta a doversi pronunciare.