Gela. “Hanno sistemato il culo dei loro amici, questo hanno saputo fare”.
La politica dell’indotto. Ieri, sul palco improvvisato dai pezzi da novanta grillini, arrivati in città a sostegno della candidatura alla presidenza della Regione di Giancarlo Cancelleri, il monito è stato piuttosto chiaro. Luigi Di Maio, Alessandro Di Battista e lo stesso Giancarlo Cancelleri, pur non facendo i nomi, hanno comunque messo in croce i deputati all’Ars, negli ultimi anni arrivati dalla città e, ovviamente, il presidente uscente Rosario Crocetta. Uno sfogo colorito, con l’adrenalina da comizio che scorreva convulsa, che probabilmente riassume quello che tanti elettori di questa città pensano da tempo e che, adesso, rischia di mettere definitivamente in crisi i pezzi grossi dei partiti locali di centrosinistra e centrodestra. Il Pd che ha portato all’Ars, solo negli ultimi anni, Calogero Speziale, Miguel Donegani e Giuseppe Arancio, pronto già a ricandidarsi, ma anche il centrosinistra che ha sostenuto la prima scalata di Rosario Crocetta a Palazzo d’Orleans e il centrodestra dei due mandati a Palermo di Pino Federico, a sua volta praticamente già in lizza per riprendersi l’Ars. Qual è la loro colpa più grande? Il marchio difficile da cancellare? Una specie di indotto politico fatto di incarichi, di fedelissimi piazzati o preferiti ad altri, solo perché fedelissimi, appunto. Ovviamente, nessuno è esente dal sommo “peccato”, in realtà proprio Cancelleri, almeno in città, per parecchio tempo è stato additato come quello capace di piazzare alla Camera dei deputati la sorella Azzurra. All’indomani del comizio grillino sul lungomare, anche quelli dei partiti cittadini, a cominciare dai vertici, dalle segreterie ufficiali, chiedono informazioni, vogliono capire cosa abbiano fatto i grillini. “Ma è vero che c’era tanta gente?”, “fischi non ce ne sono stati?”, “ma quanti potevano essere?”. Siamo in campagna elettorale, in vista delle regionali di novembre, e i numeri contano, anche se solo virtuali. C’è sempre il voto di “sistema”, quello strutturato da decenni che fa spesso la differenza e sul quale i partiti locali presi di mira dal biasimo di buona parte dell’elettorato, almeno nelle intenzioni, fanno fede e non poco. Insomma, il timore che qualcosa non giri come in passato c’è e si sente. Se sia sufficiente la denuncia sui “culi sistemati degli amici” lo si capirà solo a cose fatte. Una cosa è certa, fare affidamento sull’indotto, sui fedelissimi piazzati, sul voto tanto per compiacere, potrebbe non bastare.