Gela. A fine giugno, il giudice dell’udienza preliminare del tribunale
dispose il non luogo a procedere nei confronti di tredici imputati, tutti ex manager e tecnici di Eni e dell’impianto clorosoda.
La morte dell’ex operaio. Erano accusati dell’omicidio colposo di Salvatore Mili, per anni operaio nell’impianto killer della fabbrica di contrada Piana del Signore. Il verdetto d’assoluzione, adesso, è stato impugnato dai magistrati della procura e, a breve, anche i legali dei familiari compiranno lo stesso passo. Quindi, la vicenda giudiziaria non si è conclusa e verrà valutata dai giudici della Corte d’appello di Caltanissetta, in base alla nuova normativa appena entrata in vigore. Mili venne stroncato da gravissime patologie, a cominciare da un mieloma multiplo. Da quando gli venne diagnosticato il terribile male, lui e i familiari iniziarono una lunghissima battaglia per avere la verità. Per i figli, con in testa Orazio Mili, tra i fondatori del comitato familiari vittime dell’impianto clorosoda, quella gravissima patologia è da legare all’esposizione del padre a sostanze altamente pericolose. Mercurio, acido solforico, cloro e benzene sono solo alcune delle sostanze con le quali sarebbero entrati in contatto gli ex operai del clorosoda, quasi giornalmente. Accuse sostenute dai pm della procura ma che per il gup non sarebbero state sufficienti ad accertare un collegamento tra quanto accaduto a Salvatore Mili e il ruolo dei tredici imputati. Così, niente rinvio a giudizio per Antonio Catanzariti, Giovanni La Ferla, Pasqualino Granozio, Gregorio Mirone, Giancarlo Fastame, Giorgio Clarizia, Ferdinando Lo Vullo, Giuseppe Genitori D’Arrigo, Francesco Cangialosi, Arturo Borntraeger, Giovanni Calatabiano, Giuseppe Farina e Salvatore Vitale. I pm della procura, invece, hanno ribadito la richiesta di rinvio a giudizio per i tredici imputati e, davanti al verdetto sfavorevole, hanno deciso di rivolgersi ai giudici della Corte d’appello di Caltanissetta. Le motivazioni della sentenza emessa dal gup sono state depositate nelle scorse settimane e farebbero leva soprattutto sul contenuto della perizia redatta da un pool di esperti nominati nel corso del lungo incidente probatorio, che misero in dubbio il collegamento tra le sostanze presenti durante i processi produttivi nell’impianto e le patologie riscontrate, già causa di diverse vittime. I familiari dell’operaio morto si erano costituiti parte civile all’udienza preliminare e il verdetto finale ha spiazzato i loro stessi legali, gli avvocati Joseph Donegani, Emanuele Manganuco e Dionisio Nastasi, che avevano chiesto un maxi risarcimento sia a favore dei figli che dei nipoti dell’operaio deceduto. Adesso, il verdetto di non luogo a procedere verrà valutato in appello. I familiari hanno sempre ribadito la loro fiducia nei magistrati e l’intenzione comunque di non fermarsi, nonostante la decisione favorevole agli imputati. Nel pool di difesa ci sono invece gli avvocati Giacomo Ventura, Piero Amara, Mario Maspero, Luca Mirone, Carlo Autru Ryolo, Carlo Federico Grosso, Gualtiero Cataldo e Attilio Floresta.