Gela. La scuola non serve a nulla, solo a rimandare l’inserimento nell’elenco dei disoccupati.
Quante volte abbiamo detto o sentito questa frase. Triste, sconsolante soprattutto per chi è carico di sogni ed aspira ad un lavoro gratificante. La crisi esiste e dal 2014 Gela non è più la stessa. Eppure ci sono eccezioni, che speriamo diventino una regola in futuro. E’ quella dell’azienda Amarù, leader in ambito nazionale nel settore della meccanica di precisione, produzione, revisione e manutenzione di macchine rotanti.
Rosario Amarù, che ha ereditato l’azienda dal padre Giovanni e conta oggi in azienda con orgoglio anche su entrambi i figli (Giovanni e Virna), è sempre stato attento ai giovani. Per potenziare il parco lavoratori avrebbe potuto continuare a scegliere tra operai di esperienza anche ventennale. Ed invece per due giovani diplomati all’Itis si aprono le porte del mondo del lavoro. Dalla settimana prossima indosseranno la tuta blu e soprattutto firmeranno un contratto di lavoro a tutti gli effetti.
Rosario Amarù li ha scelti per meriti (non valgono le raccomandazioni come pensano tanti giovani sfiduciati). L’imprenditore si è rivolto a scuola. “voglio i più bravi studenti delle quinte classi: i migliori li assumerò”, ha detto al dirigente scolastico. Detto, fatto. Sei studenti hanno svolto l’apprendistato professionalizzante direttamente nelle officine della zone industriale. Hanno fatto esperienza, imparato il mestiere. E per due di loro arriva anche il contratto di lavoro.
Ma non finisce qui. Dal prossimo anno scolastico Rosario Amarù si rivolgerà agli studenti di terzo e quarto anno dell’istituto industriale per una fase di tirocinio formativo.
“La mia mission? Portare questi ragazzi fino alla pensione nella mia azienda. Ci sono tante eccellenze a Gela – dice Rosario Amarù – e noi imprenditori dobbiamo farle emergere ed aiutarle”.
La Amarù, che il prossimo anno festeggerà 50 anni di attività, nel 2017 toccherà un altro traguardo storico con i suoi 201 dipendenti che la faranno diventare media azienda. Nel 2016 erano 161, nel 2015 133. Eppure Gela rappresenta neanche il 10 per cento del volume d’affari. Segno che bisogna guardare, come ha fatto Rosario Amarù, oltre il proprio territorio.