Gela. La catena di eventuali responsabilità potrebbe essere piuttosto lunga.
La procura è stata informata. Al momento, però, il risultato è uno solo, i lavori sono stati bloccati. A fermare l’attività del motopontone, da settimane in azione al porto rifugio, sono stati i militari della capitaneria. Una decisione arrivata dopo le richieste di verifica sulla conduzione dei lavori giunte direttamente dai funzionari del Ministero dell’ambiente, direzione generale per la protezione della natura e del mare. Insomma, la sabbia dragata e riportata in spiaggia, per giunta in un Sito di interesse nazionale per il rischio industriale e senza una preventiva caratterizzazione, non ha convinto i tecnici del ministero. Segnalazioni sono partite da privati, a cominciare dall’architetto Vincenzo Insalaco, ma la stessa amministrazione comunale aveva già scritto alla procura. “Il giorno stesso dell’avvio dei lavori – spiega il sindaco Domenico Messinese – ho scritto a tutte le autorità competenti, comprese la capitaneria di porto, la procura e il ministero. Quei lavori, a nostro modo di vedere, non potevano andare avanti. Mentre dalla capitaneria di porto, mi hanno fatto sapere che le procedure rispettavano il progetto complessivo, ho comunque chiesto alla procura di valutare il caso”. L’intervento della draga Vega 1 doveva essere un primo passo, propedeutico ai lavori complessivi al porto rifugio, necessari a mettere fine al costante insabbiamento del sito. “Il protocollo per i lavori – dice ancora Messinese – venne firmato un anno fa. C’erano i soldi e non capisco perché sia passato tutto questo tempo, per poi limitarci a quest’intervento della draga e senza una preventiva caratterizzazione”. Che dietro alla vicenda, peraltro segnalata da diversi addetti ai lavori, ci possa essere la smania politica di assicurasi un risultato con il porto rifugio, soprattuto a Palermo? Di certo, lo scontro istituzionale tra Palazzo di Città e la Regione non è stato di poco conto. “Quando chiesi che mi venissero affidati i poteri di commissario – conclude Messinese – la mia unica intenzione era di poter avere un quadro completo dell’intera procedura. Magari, avremmo potuto evitare l’ennesimo stop. Purtroppo, questa vicenda, che dovrebbe riguardare solo il miglioramento di un sito strategico, si è trasformata in una questione politica. Sono dell’avviso che, dopo il protocollo firmato lo scorso anno, con i soldi previsti bisognava procedere subito alla caratterizzazione delle sabbie e poi all’avvio dei lavori definitivi, senza perdere tempo con interventi che non risolvono nulla”. La draga è ferma e, di certo, l’agonia del porto rifugio non ha trovato sollievo.