Gela. La scadenza, salvo proroghe che allo stato non sono state comunicate, è fissata ad ottobre. L’accordo di programma per l’area di crisi si muove lungo un solco pericoloso. Ad oggi, con il primo avviso coordinato da Invitalia, solo un progetto ha raggiunto la concretizzazione. In ballo, rimangono circa ventidue milioni di euro (una dotazione già di base comunque piuttosto sottostimata), da destinare ad investimenti sul territorio alternativi a quelli di Eni. I numeri, di recente comunicati dal senatore Pietro Lorefice che ha ottenuto una risposta all’interrogazione presentata al governo, non sono per nulla favorevoli. Le istruttorie vanno a rilento e i privati interessati spesso si tirano indietro. Solo il 4,5 per cento delle risorse complessive è stato destinato. Il sindaco Di Stefano ha inoltrato nuovamente la richiesta per un incontro in Regione. Il senatore Lorefice invece ha informato la prefettura di Caltanissetta, “per attivare un tavolo istituzionale”. “Non possiamo sempre pagare per l’incapacità regionale – precisa – l’assessore che presentò il secondo avviso, praticamente due anni fa, non si è più visto in città. Aveva promesso una presenza costante e uno sportello al quale gli interessati potessero rivolgersi per le procedure da attivare. Non c’è stato nulla di tutto questo”. Fu l’assessore regionale Tamajo, insieme ai riferimenti di Invitalia, a presentare in città l’avviso che venne rilasciato proprio a seguito della proroga che era stata concessa.
La prima misura non aveva sortito troppi effetti, se non quello dell’unico progetto che ha visto la luce, concentrato sulla filiera del packaging. Troppo poco per un’area di crisi che annovera oltre venti Comuni e per un territorio locale che potenzialmente sarebbe dovuto ripartire con incentivi agli investimenti. Quella di ottobre sarà una scadenza forse decisiva, che potrebbe segnare una sonora battuta d’arresto a dieci anni dal protocollo di intesa per la riconversione del sito Eni.