Gela. Dai sedici anni di reclusione, decisi in primo grado, agli otto anni e mezzo
comminati in appello.
La lotta per il controllo del clan. Il trentaseienne Davide Pardo, adesso, ha impugnato il verdetto di condanna, seppur notevolmente ridotto, emesso nel novembre di un anno fa dai giudici della Corte di appello di Caltanissetta. Pardo, attraverso il suo legale di fiducia, l’avvocato Cristina Alfieri, si è rivolto ai giudici della Corte di Cassazione. Il suo caso verrà trattato ad inizio ottobre. Per i magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta, sarebbe stato lui il vero leader del presunto gruppo mafioso, ricostituito, dei Rinzivillo. Venne arrestato a conclusione dell’inchiesta “Fabula”. Insieme a lui, lo zio, l’ex collaboratore di giustizia Roberto Di Stefano, già condannato in via definitiva per gli stessi fatti, e l’imprenditore Nicolò Cassarà, attualmente a processo. In base a quanto emerso dall’indagine, Pardo e Di Stefano sarebbero entrati in conflitto proprio per il controllo del presunto gruppo criminale. Accuse sempre respinte dalla difesa del trentaseienne. In appello, è caduta la contestazione legata allo spaccio di droga, tanto da garantire all’imputato una notevole riduzione della condanna. Tra le accuse mosse, anche il possesso di armi.