Gela. Si sente profondamente deluso dalla giustizia e dalla sorte che gli è capitata: così, il commerciante Antonio Lisi sta meditando di rinunciare anche alle accuse mosse nei confronti di alcuni suoi presunti estorsori, chiamati a presentarsi davanti ai giudici di Caltanissetta il prossimo 30 settembre.
“E’ assurdo – spiega Lisi – ho denunciato le angherie subite per diversi anni e, nonostante tutto, mi trovo senza risposte davanti ad una ingiustizia che, a mio parere, ho subito”.
Lisi, titolare insieme ai fratelli di uno stucchificio in via Venezia, da tempo cerca di avere risposte intorno ad una vicenda legata a presunte firme contraffatte che gli sarebbe potuta costare ingenti perdite economiche.
“Ho ricevuto – continua – un atto di pignoramento da quasi sessantamila euro legato alla separazione dalla mia ex moglie. Il provvedimento, però, stando ai periti calligrafi da me contattati, riportava firme false. Così, ho presentato esposti in tribunale, ricevendo solo provvedimenti d’archiviazione. Come se non bastasse, nelle ultime settimane, mi hanno recapitato una sentenza di condanna sempre sugli stessi fatti, risalente addirittura a sedici anni fa. In base alla decisione, dovrò scontare dieci mesi di detenzione”.
Così, davanti alle mancate risposte, Antonio Lisi ha scelto di fare un passo indietro. “Se così stanno le cose – ammette – perché dovrei testimoniare e accusare chi mi ha chiesto soldi? Tanto, a questo punto, potrei finire in cella insieme a loro”. Lo stucchificio di via Venezia, gestito dalla famiglia Lisi, finì nel mirino dei clan locali a metà degli anni novanta.
“Venivano a chiedere soldi – dice lo stesso Lisi – tutto questo è continuato almeno fino al 2003. Per questa ragione, ho scelto di denunciare. Mi sono iscritto all’associazione antiracket e, ancora adesso, pago il necessario contributo. Non mi sarei mai aspettato di ricevere simili trattamenti”.
Il prossimo 30 settembre, a Caltanissetta, si aprirà l’udienza preliminare a carico di oltre trenta ex esponenti dei clan locali, accusati di aver imposto il pagamento del pizzo non solo ai titolari dello stucchificio di via Venezia ma anche ai gestori di una rivendita di giocattoli della stessa zona.
“Mi presenterò in aula – conclude Lisi – proprio per comunicare la mia intenzione di non testimoniare. In ogni caso, mi aspetta la stessa sorte che dovrebbe toccare agli estorsori”.