Assedio in Sicilia per l’Unità d’Italia, sospesa anche la libertà di stampa

 
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Gela. Riprendiamo con i generali che tradirono il giuramento fatto al re Borbone e passarono alla guida del re di Sardegna. Tra tutti il generale Pinelli dove, nella nota del Buttà, “I Napoletani al cospetto delle nazioni civili”, si evince che giunse giovanissimo a maresciallo di campo. Sua moglie ebbe in dono dalla Regina 30 mila ducati di dote e il marito nominato conte, ufficiale di San Giorgio e di San Ferdinando, anche se nel 1848 aveva fatto i quadri dell’esercito italiano, fu sottoposto a giudizio penale ed esonerato per grazia del re. Per i piemontesi fu un ottimo acquisto il solo generale, vero o fasullo, che da solo impedì, stando nelle retrovie, che la sconfitta di Custoza divenisse una clamorosa disfatta. Intanto, il generale Pinelli, che conosceva molto bene quando valessero i colpi di pietra, condusse con sé un battaglione e due cannoni, invase Pizzoli, fucilò a capriccio, mise taglie alla musulmana, alloggiò nella casa di Alessandro Cicchiteli, e, dopo avere mangiato alla tavola con il proprietario, al mattino lo fece fucilare nel suo giardino davanti lo sguardo della moglie. Il 3 novembre del 1862 molti Garibaldini, che si facevano passare per Cacciatori Velino, assalirono Avezzano e avvisarono il sindaco di farsi loro incontro, pena lo scempio di tutti. Il sindaco impaurito obbedì ma la popolazione fece suonare le campane e assalì i cosiddetti Cacciatori Velino dove perse la vita un tale De Cesare.

Il generale Pinelli, lo stesso mese dichiarò lo stato d’assedio, la corte marziale con tre articoli da fare invidia al più crudele dei tiranni. Ecco gli articoli:

Art. 1: Chiunque sarà colto con armi di qualunque specie sarà fucilato immediatamente.

Art. 2: Eguale pena a chi spingesse con parole i villani a sollevarsi.

Art. 3: Egual pena a chi insultasse il ritratto del re o lo stemma dei Savoia o la bandiera nazionale.

Terminiamo col dire che il generale Pinelli, dopo una abbondante bevuta di vino di puglia, venisse colto da un eccesso di feroce ilarità.

Ora trattiamo alcuni trattati che il Vittorio Emanuele II impose al popolo delle Due Sicilie subito dopo l’unificazione dell’Italia mai attuata.

Ordine del giorno del generale Cugia, prefetto di Palermo 20 agosto 1862.

Art. 1: Il territorio dell’isola di Sicilia è messo in stato d’assedio.

Art. 2: I generali comandanti le truppe della divisione di Palermo e della sub divisione di Messina e di Siracusa concentreranno nei limiti dei loro circondari rispettivi i poteri militari e politici.

Art. 3: Ognio banda armata e ogni riunione a scopo di tumulto saranno sciolte con la forza.

Art. 4: Gli stessi poteri sono conferiti al generale comandante le truppe di operazione sul territorio da queste occupato.

Art. 5: La libertà di stampa è sospesa per i giornali e altri testi volanti. La polizia procederà all’arresto di chiunque stamperà o distribuirà simili scritti.

Ordine del giorno del generale piemontese Brignone. Messina, 22 agosto 1862

Art. 1: Si procederà al disarmo generale immediato nelle provincie di Palermo e di tutta la Sicilia.

Art. 2: Sono proibite l’esposizione e la vendita di tutte le armi offensive.

Art. 3: Ogni arma verrà consegnata, entro tre giorni nelle mani dell’autorità

Art. 4: I contravventori saranno arrestati e, secondo i casi, fucilati.

Ordine del giorno del generale Lamarmora prefetto di Napoli. Napoli, 25 agosto 1862

Art. 1: Il territorio delle sedici province Napoletane e delle isole che ne dipendono è messo in stato d’assedio.

Art. 2: I generali comandanti di divisione o delle zone militari assumeranno i poteri politici e militari nei limiti delle loro circoscrizioni rispettive.

Art. 3: Ogni raggruppamento fazioso e ogni riunione tumultuosa saranno sciolte con la forza

Art. 4: Il porto o la detenzione non autorizzata d’armi d’ogni genere sono proibiti sotto pena d’arresto. I detentori d’armi dovranno dunque consegnarle entro i tre giorni che seguiranno la pubblicazione del presente bando nelle mani delle autorità dalle quali essi dipendono.

Art. 5: Nessuna stampa tipografica, pubblicazione o distribuzione di giornali, fogli volanti o simili può avere luogo senza l’autorizzazione speciale dell’autorità politica del luogo, la quale ha facoltà di sequestrare, sospendere o sopprimere ogni pubblicazione.

Ordine del giorno del tenente colonnello Fantoni, comandante delle truppe di Lucera Lucere, 9 febbraio 1862 Stato Maggiore del distaccamento dell’ottavo reggimento di fanteria di linea, di guarnigione a Lucera. In esecuzione degli ordini del prefetto della Capitanata, avendo per fine d’arrestare coi mezzi più efficaci alla pronta distruzione del brigantaggio, il sottoscritto decreta

Art. 1: D’ora in avanti nessuno potrà entrare nei boschi di Dragonara, di Santa Agata, di Selvanera, del Gargano, di Santa Maria di Motta, di Pietra, di Voltorine, di San Marco La Catola, di Celenza, di Carlentini, di Biccari di Vetruscelle e di Caserotte.

Art. 2: qualsiasi proprietario, intendente o massaro, sarà tenuto immediatamente, dopo la pubblicazione del presente avviso, a fare ritirare dalle suddette foreste tutti i lavoratori, contadini, pastori e caprai, che vi si potessero trovare; essi saranno tenuti egualmente ad abbattere gli stazi e le capanne che vi sono stati costruiti

Art. 3: Da oggi in poi nessuno potrà importare dai paesi vicini nessun commestibile per l’uso dei contadini, e i contadini non potranno avere in loro possesso che la quantità di viveri necessaria a nutrire per una giornata ogni persona della famiglia.

Art. 4: I contravventori del presente ordine esecutorio due giorni dopo la pubblicazione, saranno trattati come briganti, e come tali fucilati.

Alla pubblicazione del presente ordine, il sottoscritto invita i proprietari a portarlo subito a conoscenza delle persone al loro servizio, affinché esse possono affrettarsi a evitare i rigori di cui sono minacciati, avvertendoli nello stesso tempo che il governo sarà inesorabile nella loro esecuzione.

Con questi editti si presentavano al popolo duo Siciliano i nostri liberatori dal regime Borbonico definendoci briganti, perché si opponevano ai barbari lanzichenecchi assassini e stupratori che si vantano di avere unificato l’Italia con grandi sacrifici di uomini e mezzi. Hanno fucilato senza nessun processo uomini e donne del sud senza alcun rimorso. Anche bambine sono state messe davanti ai plotoni di esecuzione, vedi Angelina Romano, e bruciati vivi come a Pontelandolfo, Casalduni e tanti altri piccoli centri dell’Italia meridionale. Oggi dopo quasi 200 anni ci dobbiamo vergognare a mettere in evidenza i soprusi e le angherie commessi dai popoli del nord perché i Piemontesi e i Savoia hanno unificato l’Italia rubando e massacrando il sud.

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