Gela. Il costo ammonta a 25 milioni di euro ed è stato appena confermato nell’aggiornamento dell’elenco dei siti orfani, rilasciato dal Ministero dell’ambiente. Si tratta delle somme necessarie per tutte le attività di “progettazione, direzione, esecuzione e collaudo degli interventi di messa in sicurezza d’emergenza, Pdc (aggiornamento-integrazione), analisi di rischio, messa in sicurezza permanente, con confinamento o bonifica mediante scavo e rimozione di tutte le sorgenti attive di contaminazione primaria, risanamento delle matrici ambientali e ripristino ambientale delle aree della Riserva naturale orientata Biviere di Gela”. Quello del Biviere è uno dei sette siti orfani siciliani, ricompreso nel decreto emesso dal ministero e pubblicato in gazzetta ufficiale ad inizio giugno. Viene classificato nel Sin di Gela. I responsabili della riserva, da anni, insistono affinché l’intera area venga sottoposta ad un monitoraggio complessivo, finalizzato ad attività di messa in sicurezza e bonifica. In base ai dati indicati nel decreto, l’area interessata si estende su una superficie di 2.110.000 metri quadrati. Il ministero, per tutti i siti orfani italiani elencati nel provvedimento, calcola uno stanziamento complessivo di 500 milioni di euro. La copertura è la misura M2C4, investimento 3.4 del Pnrr e la conclusione delle attività è fissata al 2026.
La scorsa settimana, in città, si è tenuto un confronto pubblico sui temi del risanamento, organizzato dal senatore Pietro Lorefice. Ha preso parte, con una propria relazione, anche Emilio Giudice, della Riserva Biviere. Ritiene grave che ci sia ancora troppa incertezza sulla piena attuazione del piano di risanamento delle aree locali. E’ un punto che considera fin troppo trascurato, seppur la disciplina normativa ne imponga il pieno rispetto. “Bisognerebbe capire che fine abbiano fatto i circa duecento milioni di euro destinati proprio al risanamento – dice – non si sa più nulla neppure della prima tranche da venti milioni di euro”. Il tema si innesta direttamente nel processo di tenuta di un territorio che nei decenni ha scontato gli effetti dell’attività dell’industria pesante e che ancora oggi deve affrontare il rapporto mai del tutto pacificato tra produzione e salvaguardia ambientale.