Gela. Stasera in prima visione su Rai 1 “Mascaria”, scelto per celebrare la giornata della legalità nel 32esimo anniversario della strage di Capaci. Il protagonista è Pietro Ferrara (Fabrizio Ferracane). un costruttore edile siciliano. Per lavorare, è costretto a pagare il pizzo, come succedeva negli anni novanta. Ebbe il coraggio di denunciare i suoi aguzzini, che furono condannati. Ma uno di loro lo accusò, sostenendo di esserne complice.
La macchina del fango si mise in moto, Ferrara si ritrovò da vittima a imputato. Venne processato, perse appalti e subì l’interdittiva antimafia.
Che c’entra Gela? Mascaria è liberamente ispirato a una storia vera. Alla storia di Riccardo “Rocco” Greco. Imprenditore che nel 2007 denunciò i suoi estorsori. Riuscì a convincere sette colleghi a fare lo stesso. In tribunale, insieme, fece condannare i boss della Stidda e di Cosa nostra di Gela. Per ritorsione, fu accusato di avere rapporti con la mafia. Non ci sono prove, ma solo sospetti. Per i vecchi “pagamenti” estorsivi, prima che decidesse di denunciare, la Prefettura “interdice” la sua impresa. Saltate tutte le commesse, Greco fu costretto licenziare gli operai. «Il problema sono io: se vado via, i miei figli sono a posto», disse alla moglie qualche tempo prima di uccidersi all’interno della sua azienda il 27 febbraio 2019.
«Devo andare perché voi siate liberi», sono le ultime parole che rivolse ai familiari. Oggi sono i figli Francesco (Riccardo nel film) Andrea e Paola, che continuano la sua attività alla Cosiam. Ma quel rigo, quell’unico rigo fa ancora male ripensandoci. “La azienda si trova – scrisse nella sua ultima interdittiva malgrado l’assoluzione – in uno stato grigio in cui non si possono escludere condizionamenti”.