Gela. Uno stipendio raddoppiato rispetto a quello di tutti gli altri lavoratori e continue, presunte, minacce all’imprenditore che lo aveva assunto.
L’odissea dell’imprenditore minacciato. Per i magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Genova, potrebbero esserci ulteriori risvolti dietro all’inchiesta avviata a seguito della denuncia presentata da un imprenditore gelese, negli scorsi anni impegnato in importanti subappalti per conto di grandi gruppi aziendali, nell’area di Massa Carrara, in Toscana. Ad imporgli il pagamento di stipendi maggiorati rispetto agli altri operai sarebbe stato un quarantaduenne, anche lui di Gela, arrivato in quei cantieri proprio per effettuare periodi di lavoro. In realtà, almeno in base a quello che sarebbe emerso dalle indagini, Giuseppe B. M. riceveva gli stipendi, senza prestare attività lavorativa. Anzi, avrebbe più volte minacciato l’imprenditore, fino al punto di dare alle fiamme un mezzo da lavoro e danneggiargli l’automobile. Il quarantaduenne, inoltre, dopo aver capito che dall’azienda stava per arrivare un provvedimento di licenziamento, avrebbe commissionato l’ennesima intimidazione. Diversi colpi di fucile vennero sparati contro il garage dell’abitazione di famiglia dell’imprenditore, a Gela. Tutti elementi che sono stati messi insieme dai magistrati e dai poliziotti della squadra mobile di Massa Carrara. Per i pm della Dda, non è da escludere che il quarantaduenne, già sottoposto a sorveglianza speciale, possa essere vicino al gruppo degli stiddari. Un’ipotesi valutata dagli investigatori che, attualmente, contestano all’operaio l’accusa di estorsione.