Gela. I giudici della Corte d’assise d’appello di Caltanissetta hanno confermato la condanna all’ergastolo per il boss Giuseppe “Piddu” Madonia e per Cataldo Terminio, accusati di aver pianificato e autorizzato l’omicidio di Giuseppe Failla, ucciso all’interno del suo bar, in centro storico, trentasei anni fa. La vittima cadde sotto i colpi dei killer di Cosa nostra. Sono state invece ridotte le condanne imposte ad Angelo Bruno Greco e ad Angelo Palermo. Per il primo, la pena è stata disposta a quattordici anni di reclusione; per il secondo, invece, a ventuno anno. I magistrati della Corte d’assise di Caltanissetta avevano deciso, al termine del procedimento di primo grado, per trent’anni di reclusione a Greco e per l’ergastolo a Palermo. Secondo le contestazioni, mosse a seguito di un’inchiesta sviluppatasi ad anni di distanza dai fatti, l’azione di morte venne attuata per colpire il titolare del bar, considerato amico dei Cerruto di San Cataldo. Sarebbe stato Cataldo Terminio a chiedere il via libera ai vertici provinciali di Cosa nostra. Pare volesse vendicare la morte del padre, a sua volta ucciso in un contesto di scontri interni ai clan del territorio. Versione che gli imputati hanno sempre escluso. Lo stesso Cataldo Terminio ha spiegato di non aver mai avuto ragioni di astio verso Failla. Ha riferito che ad accusarlo, per ragioni di ripicche personali, furono i collaboratori di giustizia. Le loro dichiarazioni si rivelarono importanti per imbastire l’inchiesta. A parlare furono storici componenti dei clan del Vallone. I familiari di Failla sono parti civili nel procedimeno, assistiti dall’avvocato Giovanni Bruscia che così come la procura generale aveva insistito per la conferma di tutte le condanne.
Il legale, sia in primo che in secondo grado, ha più volte sottolineato l’estraneità di Failla a fatti di criminalità organizzata. Le difese degli imputati, rappresentate dagli avvocati Flavio Sinatra, Sergio Iacona, Cristina Alfieri, Eliana Zecca e Paolo Piazza, nei ricorsi presentati in Corte d’assise d’appello hanno rimarcato l’assenza di legami tra gli accusati e quell’azione di morte, costata la vita all’esercente. Già in primo grado, era stata messa in dubbio la versione resa dai collaboratori. Le motivazioni della decisione appena rilasciata dai giudici di appello saranno depositate nel termine di novanta giorni.