Gela. Per i magistrati della procura di Cassino, in provincia di Frosinone, ci sarebbe stato un presunto tentativo di corruzione indiretta per aggiustare la perizia tecnica disposta
nell’ambito di un’indagine penale, tutta incentrata su uno degli impianti Eni presenti nell’area industriale di Gela.
Il presunto tentativo di corruzione. Adesso, proprio davanti ai giudici di Cassino, è finito un imprenditore della zona, Valter Lozza, che stando sempre alle contestazioni, avrebbe contattato più volte il perito, nominato dall’allora giudice delle indagini preliminari del tribunale di Gela Veronica Vaccaro, facendogli capire che c’era la possibilità di avere denaro in cambio della perizia aggiustata. L’imputato deve anche rispondere di intralcio alla giustizia.
A segnalare i fatti ai magistrati della procura gelese, fu lo stesso perito, il chimico pescarese Massimo Colonna, scelto per far parte del collegio nominato dal gip Veronica Vaccaro. Così, scattarono gli approfondimenti investigativi da parte dei militari della capitaneria di porto che si erano già occupati dell’inchiesta sull’impianto. Alcuni incontri tra il chimico e l’imprenditore vennero registrati. In sostanza, Lozza avrebbe fatto intendere di agire per conto di Eni. Le posizioni di altri indagati, compreso uno degli ex manager di raffineria, sono però state archiviate e, così, il dibattimento si è aperto solo nei confronti dell’imprenditore, difeso dagli avvocati Marco Pizzutelli e Vittorio Perlini. L’indagine venne avviata dai pm della procura gelese per poi passare, per competenza territoriale, a quelli di Cassino. Nel corso delle prossime udienze, verranno sentiti nuovi testimoni.