Gela. “Ci chiesero un incontro nei pressi del piazzale di un’azienda agricola. Alla fine, dissero che noi non dovevamo più lavorare in quelle zone”.
“Ci dissero che da quel momento c’erano loro”. A descrivere quanto sarebbe accaduto nel maggio di tre anni fa, sono stati quattro operatori locali, da anni impegnati nel settore della raccolta della plastica tra le campagne di Bulala, Mignechi, Passo di Piazza e Santa Lucia. “Ricordo che a quell’incontro – ha detto uno degli operatori sentiti – c’erano Maichol Trubia e Davide Trubia. C’era anche un altro ragazzo, disse che era il figlio di Vincenzo e io dovevo andare a parlare con lui”. I quattro sono stati sentiti davanti al collegio penale del tribunale, presieduto dal giudice Miriam D’Amore, a latere Marica Marino e Silvia Passanisi. In totale, sono cinque gli imprenditori che sarebbero finiti nel mirino del presunto gruppo mafioso dei Trubia, scoperto con l’inchiesta antimafia “Redivivi”, che hanno scelto di costituirsi parte civile, con l’avvocato Giovanni Bruscia. L’associazione antiracket “Gaetano Giordano”, invece, è in giudizio con gli avvocati Giuseppe Panebianco e Laura Cannizzaro. A processo, ci sono Vincenzo Trubia, Davide Trubia, Rosario Trubia, Luca Trubia, Simone Trubia, Rosario Caruso, Ruggero Biundo e il ventiseienne Rosario Trubia. “Alla fine – ha detto uno degli operatori sentiti in aula – abbiamo deciso di rivolgerci alle forze dell’ordine, sia a Gela sia a Vittoria. Prima di tutto, abbiamo chiesto l’interessamento di Renzo Caponetti dell’associazione antiracket. Per circa due anni, però, non siamo riusciti a lavorare in quelle zone, perché c’erano i Trubia che le controllavano per intero”. I quattro testimoni hanno risposto alle domande del pubblico ministero della Direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta Luigi Leghissa e a quelle dei difensori degli imputati, gli avvocati Flavio Sinatra, Carmelo Tuccio, Nicoletta Cauchi e Raffaela Nastasi. Proprio i difensori hanno cercato di ripercorrere il periodo precedente alla denuncia presentata dagli operatori che sarebbero stati esclusi dal mercato della raccolta della plastica. L’avvocato Sinatra, inoltre, ha chiesto e ottenuto di produrre il verbale delle dichiarazioni rese proprio dagli imprenditori in un altro filone del procedimento scaturito dall’inchiesta “Redivivi”, condotta dai magistrati della Dda e dai poliziotti del commissariato e da quelli della mobile di Caltanissetta. Durante l’esame dei testimoni, è emersa nuovamente la vicenda dell’omicidio di Massimo Trubia, fratello di Davide, ucciso da Emanuele Fontana, a sua volta fratello di uno degli operatori che hanno denunciato. Un fatto di sangue scaturito proprio da presunte rivalità nel mercato della raccolta della plastica tra le serre delle contrade rurali. I difensori, inoltre, hanno messo in luce i rapporti tra i vari operatori del settore, alcuni dei quali, peraltro, non hanno mai denunciato presunte ingerenze da parte dei Trubia.Nel procedimento, sono parti civili anche il Comune, rappresentato dall’avvocato Anna Gambino, oltre all’associazione Codici.