“Fu un’aggressione d’inaudita violenza”: in aula ancora l’omicidio Cannizzo

 
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Gela. “In quel bar andò in scena un’aggressione d’inaudita violenza che causò la morte di Benito Cannizzo”. L’avvocato Maurizio Scicolone, rappresentante in giudizio, insieme ad un pool di legali, dei familiari del quarantottenne trovato senza vita

all’interno del bar Rouse di via Crispi nel dicembre di quattro anni fa, non ha utilizzato mezzi termini nel descrivere la colluttazione che sfociò nella morte dell’uomo.
Il legale è intervenuto durante il procedimento bis che si sta celebrando davanti ai giudici della corte d’assise d’appello di Catania ad alcuni mesi di distanza dall’annullamento con rinvio deciso dai magistrati di cassazione rispetto alla posizione di Marco Vella, ritenuto responsabile della morte insieme al fratello Orazio, già condannato in maniera definitiva ad otto anni di reclusione.
“I fratelli Vella erano preparati a colpire Cannizzo, altrimenti non si spiegherebbe la presenza nel locale di due grossi bastoni utilizzati per colpirlo. Ci fu il dolo”.
I giudici della corte di cassazione, lo scorso dicembre, decisero che la posizione  processuale dello stesso Marco Vella andava approfondita. Nelle ore successive all’uccisione di Benito Cannizzo, fu solo Orazio Vella, titolare del bar, ad accusarsi dell’aggressione.
In un secondo momento, emerse il presunto ruolo del fratello Marco. Stando alla difesa dei due, la morte di Cannizzo scaturì da un tentativo di difesa davanti ad atteggiamenti spesso arroganti adottati, anche all’interno dell’esercizio commerciale, dalla vittima. Nei gradi precedenti, per Marco Vella era scattata la condanna a sette anni di reclusione.
Al termine del suo intervento, l’avvocato Scicolone ha chiesto la conferma della condanna. Adesso, spetterà al legale Danilo Tipo, difensore dell’imputato, esporre le proprie conclusioni. I giudici catanesi hanno già fissato la data del 22 luglio: in quell’occasione, potrebbe essere pronunciata la sentenza.

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