Gela. Una paralisi cerebrale che ha avuto conseguenze permanenti su un bambino, oggi costretto a convivere con gravi forme di ritardo. Per la procura, le procedure per il parto presentarono criticità, dovute a responsabilità mediche. Ragioni che oggi hanno indotto il pm Luigi Lo Valvo a richiedere la condanna per due medici dell’ospedale “Vittorio Emanuele”. Si tratta di Michele Palmeri e Luigi Giudice. La richiesta finale è stata di un anno per il primo e di otto mesi per il secondo. L’indagine partì dalla denuncia sporta dai genitori, che da quel momento hanno iniziato una vita del tutto diversa, completamente mutata dalle esigenze del figlio. L’intero periodo precedente al parto, infatti, secondo quanto riferito dai genitori non aveva destato alcun tipo di preoccupazione. Si attendeva un esito tutt’altro che critico. Invece, nelle ore decisive, iniziarono le prime presunte anomalie. La madre, sentita in aula nelle scorse udienze, riferì che ad un certo punto iniziarono ad esserci problemi di battito. Non avrebbe sentito neanche il vagito del neonato, poi trasferito all’Utin di Agrigento. Per la procura, ci sarebbero state condotte dei medici non in linea con le esigenze del caso. Gli imputati sono rappresentati dagli avvocati Vania Cirese, Andrea Burgio e Daiana Meli. L’assoluzione è stata invece richiesta per le due ostetriche, Franca Gualato e Concetta Benenati, difese dagli avvocati Rocco Guarnaccia e Angelo Cafà. I genitori del bambino che riportò le gravissime conseguenze sono parti civili, assistiti dal legale Giacomo Ventura, che nel corso dell’istruttoria dibattimentale ha ribadito che quanto accaduto fu la conseguenza di scelte errate rispetto alla situazione che si era venuta a determinare.
Le altre parti concluderanno nel corso delle prossime udienze, prima della decisione che verrà emessa dal giudice Miriam D’Amore, davanti alla quale si è tenuto l’intero dibattimento, basato inevitabilmente su perizie tecniche. Per la procura, ci sarebbero state difformità pure nelle testimonianze rese per ricostruire quelle ore.