Gela. Uno dei giocatori della bisca di via Citelli, scoperta anni addietro dai carabinieri, dovette vendere degli immobili per coprire i circa duecentomila euro di debito, accumulato con chi organizzava le mani di texas hold’em. Sarebbe stato tra i raggirati, stando alle contestazioni, dato che a controllare le partite c’era il sistema che venne ribattezzato “Pina”. Un meccanismo informatico che permetteva di leggere in anticipo le giocate, facendo sì che il gruppo poi finito nell’inchiesta “Showdown” potesse incassare cifre consistenti. E’ uno degli aspetti emerso durante la lunga deposizione di uno degli ufficiali dei carabinieri che coordinò le attività di indagine. E’ stato sentito oggi davanti al collegio penale del tribunale, presieduto dal giudice Miriam D’Amore (a latere Eva Nicastro e Martina Scuderoni). Tutto partì dalla segnalazione dell’esistenza di una bisca. Venne collocato un sistema video all’esterno. Poi, i carabinieri riuscirono a piazzare camere anche all’interno. Vincenzo Lauria, Calogero Lo Porto e Rosario Romano, secondo gli inquirenti, sarebbero state le menti dietro alle partite controllate. C’era chi perse fino a 250 mila euro. “Abbiamo stimato un guadagno complessivo – ha detto l’ufficiale dell’arma – non inferiore a 500 mila euro per gli organizzatori”. Si iniziava a giocare intorno alle 22 per finire alle 8 del mattino del giorno successivo. “Lauria portava cocaina che veniva consumata all’interno”, ha precisato il militare dell’arma. Gli organizzatori avrebbero avuto contatti costanti sia con un gruppo della provincia di Enna sia con chi si muoveva invece a Vittoria. Pare che Lauria avesse acquistato “Pina”, “che era in libera vendita”, e la usasse pure a Licata, dove risiede. L’ingranaggio per fare soldi sarebbe stato piuttosto ben oliato. Era proprio Lauria, in base alle accuse, ad avere il pieno controllo del sistema mentre Lo Porto e Romano “si occupavano della bisca di via Citelli”. Insieme ai tre, sono a processo Angelo Mangione, Antonino Cristaldi, Vito Cristaldi, Michelangelo Bevilacqua e Sebastiano Italiano. Solo uno dei giocatori più assidui è risultato affetto da vera e propria ludopatia. Tanti frequentavano i tavoli verdi.
“Il titolare di un ristorante – ha continuato il carabiniere – di fatto doveva assicurare cene gratis, essendo in debito per le perdite fatte registrare. Però, capitava che ricevesse fiches per poi usarle alla bisca”. Il testimone non ha escluso che il sistema fosse stato attivato già prima del periodo al centro dell’indagine. C’erano segnali convenzionali durante le partite e per non destare troppi sospetti si mettevano in conto anche mani da perdere, per poi recuperare nei giri successivi. I carabinieri arrivarono nell’abitazione di Lauria, effettuando diversi sequestri, ufficialmente per una vicenda di droga. Tre frequentatori della bisca hanno scelto di costituirsi parti civili, con gli avvocati Giovanna Miceli, Giacomo Ventura e Salvo Macrì. Il carabiniere ha risposto alle domande del pm Luigi Lo Valvo, delle stesse parti civili e dei legali di difesa. Gli imputati sono rappresentati dagli avvocati Flavio Sinatra, Giuseppe Cascino, Francesco Enia, Maria Cascino, Antonino Benitende, Filippo Spina e Salvatore Geraci. L’attività istruttoria proseguirà durante le prossime udienze.