“E’ ancora pericoloso”, i colloqui in carcere di Emmanuello devono essere controllati e registrati

 
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Gela. I colloqui in presenza e telefonici del boss cinquantanovenne Davide Emmanuello devono essere monitorati e registrati. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione del magistrato di sorveglianza di Sassari e quella successiva del tribunale di sorveglianza sardo. Non è stato accolto il ricorso avanzato dalla difesa di Emmanuello, ormai da anni sotto regime di 41 bis. I contatti con i familiari e i colloqui, quindi, devono essere sottoposti ad una verifica che passa proprio dalla registrazione. In sede di sorveglianza, nel ritenere legittimo il provvedimento, è stato richiamato il contenuto del decreto che ha disposto il rinnovo del regime del carcere duro. Emmanuello, infatti, viene ancora considerato pericoloso e capace eventualmente di riallacciare rapporti con il clan di mafia dell’omonima famiglia. “La valutazione della necessità di applicare un’ulteriore forma di controllo, stante la sussistenza di condizioni di pericolosità, è stata effettuata attraverso il richiamo al decreto ministeriale con cui è stata disposta la proroga del regime penitenziario differenziato, e tale richiamo è adeguato e sufficiente, dal momento che la proroga di detto regime, che comporta un elevato e stretto controllo del detenuto, è stata applicata previo accertamento delle condizioni richieste dalla norma, e non è stata impugnata”, si legge nelle motivazioni dei giudici romani di Cassazione. La difesa invece ha sostenuto che la registrazione delle conversazioni è stata autorizzata solo sulla base del provvedimento di rinnovo del 41 bis ma senza analizzare l’attuale condizione di Emmanuello. Ci sarebbe inoltre un’eccessiva discrezionalità nella gestione del contenuto delle registrazioni. “La pericolosità sociale e il pericolo di ripristino dei contatti con la cosca di appartenenza sono stati, quindi, accertati in via definitiva con il provvedimento di proroga, e non possono essere rivalutati”, aggiungono i giudici.

I magistrati concludono sostenendo che “il ricorso deve essere, pertanto, rigettato nella parte in cui, di fatto, contesta non l’ordinanza formalmente impugnata, ma la valutazione di pericolosità sociale e del pericolo di ripresa o mantenimento dei contatti con la cosca di appartenenza, contenuta nel decreto ministeriale di proroga del regime di cui all’art. 41 bis”. La procura generale ha concluso per il rigetto del ricorso della difesa.

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