Gela. Il lavoro glielo avrebbe procurato facendo leva sulla sua presunta amicizia con il direttore generale del comune Renato Mauro e con il responsabile della società di vigilanza Ksm Francesco Di Paola.
La trentacinquenne Veronica Lavore, così, si trova sotto processo davanti al giudice Domenico Stilo. L’imputata finì in manette dopo che diverse vittime delle sue presunte truffe sporsero denuncia.
A tutti sarebbe stata promessa la stessa cosa: un lavoro. Nel corso dell’ultima udienza andata in scena, l’accusa ha chiesto di sentire diversi testimoni. Così, si sono succedute tre presunte vittime dei raggiri contestati all’imputata.
“Mi disse – ha spiegato uno dei testi – che avrei potuto ottenere un impiego presso la società di sorveglianza Ksm. Sarebbe bastato pagare alcuni bollettini e acquistare, sempre a mie spese, tutto l’equipaggiamento. Dopo alcuni mesi, però, non ottenni più alcuna risposta. La signora Lavore non rispose più alle mie chiamate. Riuscì ad avere un incontro con uno dei responsabili della Ksm ma durò solo dieci minuti e non mi venne chiesto neanche il curriculum. In tutto ho consegnato circa tremila euro”.
Strategia quasi analoga a quella descritta da un’altra delle testimoni chiamate dall’accusa.
“La signora Veronica Lavore – ha ammesso – promise che avrebbe trovato un impiego a mio figlio che, intanto, aveva perso il suo posto a Mantova. Così, lasciò la Lombardia solo per seguire le promesse della Lavore. Mi disse che, dietro pagamento, avrebbe consentito a mio figlio di entrare a far parte dello staff della Ksm. Spesso, si riferiva alla sua amicizia e al suo stretto legame politico con l’ingegnere Renato Mauro”. Testimonianze, in ogni caso, contestate dal difensore dell’imputata, l’avvocato Patrizia Comandatore.
Il dibattimento, dopo le testimonianze rese dalle presunte vittime, si sta avviando alla conclusione.