Gela. La legge di stabilità spalanca le porte al terzo “salva Catania”, una norma ad hoc che destina fondi per almeno centocinquanta milioni di euro al risanamento dei conti dell’ente comunale etneo. Se Catania trova massima attenzione, per Gela invece non c’è nulla. Un particolare tutt’altro che secondario, stando a questo spiega l’esponente del laboratorio “PeR” Miguel Donegani. “Ancora una volta, ci troviamo di fronte alla dimostrazione che la classe politica e istituzionale locale, a partire da quella di centrodestra, non ha alcuna autorevolezza nei tavoli che contano – dice – per la terza volta su Catania vengono riversati fondi ingenti, nonostante i conti siano ancora in rosso, mentre per un ente che si appresta al dissesto come Gela neanche un accenno. Bisogna riflettere su tutto questo. Non è solo responsabilità del governo nazionale ma sono certo che questa classe politica attuale non riesce ad incidere”. Per Donegani, infatti, la via che venne intrapresa dall’amministrazione, puntando ai fondi delle royalties estrattive per attenuare la crisi finanziaria, non era quella giusta.
“Lo dissi pubblicamente e lo ribadisco – aggiunge – come si fa a pensare che una norma campanilistica potesse risolvere il problema? Bisognava agire attraverso una norma salva Comuni, intervenendo proprio su quelli in dissesto o comunque in procinto di dichiararlo. Suggerii di avviare il salva Gela con una concertazione tra la Regione e lo Stato. Con la spinta dei Comuni, Gela compreso, doveva essere sottoposto all’attenzione dello Stato. Si doveva dichiarare il dissesto invece di perdere tempo inutile. Oggi la situazione sarebbe diversa. Troppa inesperienza e incompetenza”.