Gela. Le condanne sono arrivate sia in primo che in secondo grado. Adesso, la vicenda scaturita dall’inchiesta antimafia “Compendium” finisce davanti ai giudici della Corte di Cassazione. Le condanne in appello. Sono stati depositati, infatti, i ricorsi dei difensori. Un’indagine che permise di far emergere i collegamenti tra le cosche locali e diversi affari illeciti, gestiti anche nelle regioni del nord Italia, oltre ad una rete di estorsioni. In appello, condanne sono state emesse nei confronti dei fratelli Carmelo e Giuseppe Billizzi, Gianluca Gammino, Claudio Lo Vivo e Gianfranco Di Natale. L’unica condanna ridotta è stata quella di Claudio Lo Vivo, per lui in primo grado era già caduta l’accusa di associazione mafiosa. I giudici nisseni della Corte di appello, accogliendo in parte le richieste arrivate dal difensore di fiducia, l’avvocato Vittorio Giardino, hanno escluso il collegamento tra lo stesso Lo Vivo e due episodi di presunte forniture d’armi in favore dei clan locali. Così, è arrivata la condanna a quattro anni e dieci mesi di reclusione a fronte dei cinque anni e mezzo comminati in primo grado. L’imputato, da anni residente nel nord Italia, ha sempre ribadito di essere stato minacciato dai clan. Confermate, inoltre, le condanne a sei anni e mezzo di reclusione per Giuseppe Billizzi, fratello del collaboratore di giustizia Carmelo, e a sei anni per Gianfranco Di Natale. Condannati anche i collaboratori di giustizia Gianluca Gammino e, appunto, Carmelo Billizzi. Sei mesi al primo e un anno e undici mesi al secondo. Spetterà ai giudici romani di Cassazione, adesso, valutare i ricorsi presentati dai difensori. Nel pool che assiste gli imputati ci sono gli avvocati Flavio Sinatra, Vittorio Giardino, Vania Giamporcaro, Angelo Tornabene e Gloria Iannizzotto. Tra le parti civili costituite nei diversi gradi di giudizio, invece, ci sono il Comune di Gela con l’avvocato Ornella Crapanzano e le associazioni antiracket, rappresentate dai legali Giuseppe Panebianco e Giovanni Bruscia.