Gela. Il sessantenne Peppe Alferi ha ancora un ruolo di vertice nell’omonimo gruppo di mafia. Per questa ragione, la Direzione nazionale antimafia, con il magistrato Antonino Di Matteo, ha chiesto che venga respinto il reclamo presentato dalla difesa, per la revoca del regime del 41 bis. Ieri, il legale, l’avvocato Maurizio Scicolone, ha esposto per alcune ore le ragioni che l’hanno portato ad avanzare l’iniziativa, davanti ai giudici del tribunale di sorveglianza di Roma. Alferi da circa dieci anni, all’indomani del blitz “Inferis”, è sottoposto al carcere duro. Per la Direzione nazionale antimafia, anche da elementi recenti acquisiti a seguito del monitoraggio dei colloqui del sessantenne, emergono i presupposti per mantenere i vincoli del regime speciale. Come sottolineato da Di Matteo, Alferi nutre ancora la volontà di rimanere apice del gruppo di mafia. Il difensore, invece, ha escluso questa prospettiva. E’ stato sottolineato che di fatto il cosiddetto “terzo polo” della mafia locale venne destrutturato con l’indagine “Inferis”. Da allora, non si sono più registrati fatti addebitabili a quelli che furono considerati affiliati all’organizzazione.
Ai giudici romani lo stesso Alferi ha voluto rilasciare dichiarazioni spontanee, escludendo ancora una volta di essere un boss mafioso. Si è sempre definito “un malandrino” ma estraneo alle struttura di Cosa nostra e stidda. I magistrati capitolini si sono riservati di decidere.