Gela. E’ ancora pericoloso e potrebbe riallacciare contatti con la fazione del gruppo di Cosa nostra. I giudici della Corte di Cassazione hanno respinto il ricorso presentato dalla difesa del cinquantatreenne Emanuele Cassarà. Rimane sottoposto al regime del 41 bis. Sono state pubblicate le motivazioni che hanno indotto i giudici capitolini a confermare quello che era stato già deciso dal tribunale di sorveglianza di Roma. Con ordinanza dello scorso anno, infatti, non era stato accolto il reclamo del legale di Cassarà. Il cinquantatreenne fece parte dei gruppi di fuoco di Cosa nostra nella guerra di mafia. E’ sottoposto al regime del carcere duro da vent’anni. Anche la procura generale ha concluso per il no al ricorso. Già nel decreto di proroga, si faceva richiamo alla “perdurante e spiccata pericolosità sociale del Cassarà”. I giudici del tribunale di sorveglianza, sulla base dei dati investigativi, avevano accertato una capacità attuale di riattivare i contatti con il gruppo di mafia. Riferimenti che la difesa ha indicato come privi “di elementi concreti”. La Cassazione ha ribadito la fondatezza delle conclusioni rilasciate dal tribunale di sorveglianza. Ci sono quindi tutti i presupposti per prorogare il regime del 41 bis.
“L’ordinanza impugnata, peraltro, ha correttamente valutato gli elementi risultanti agli atti, con motivazione congrua, adeguata e priva di errori nella applicazione della legge penale e processuale, soffermandosi in particolare sulle informazioni aggiornate trasmesse dagli organi investigativi, sulla segnalazione del ruolo eminente assunto dal detenuto nel gruppo Rinzivillo, articolazione del clan Madonia, e sull’esame della situazione criminale del territorio di riferimento, da cui emerge la stabile capacità del reclamante di mantenere i collegamenti con l’organizzazione criminale di appartenenza, compagine che non ha mai cessato di influire sulle dinamiche del territorio gelese”, si legge nelle motivazioni pubblicate.