Gela. Una violenza sconfinata tesa ad annichilire l’identità di un essere umano e nel caso di Palermo di una giovane finita nelle mani dei suoi aguzzini. Il sindacalista Cgil Ignazio Giudice è molto duro nella sua disamina. “Si rimane sgomenti nel leggere il racconto dello stupro di gruppo al Foro Italico. Lo stupro è uno di quei reati indefinibili perché non basta affermare che fa schifo, va oltre la disumanità, oltre il paragone, inopportuno, con il più aggressivo degli animali. Ciò che è accaduto, non è accaduto perchè Palermo è una metropoli poco sicura, perchè il sud è abbandonato ma è accaduto perché ancora viviamo in una società maschilista in cui la donna viene vista come un oggetto. Ma per fortuna questa diciannovenne ha avuto il coraggio di parlare e di denunciare la premeditazione e la brutalità di sette giovani che probabilmente, galvanizzati dall’essere gruppo, hanno deciso di compiere un crimine terribile la cui pena, da 6 a 12 anni, è un ulteriore oltraggio”, dice il componente della segreteria regionale del sindacato.
“Non esistono alibi, non è mai responsabilità del genere femminile, la vittima non è mai colpevole. Ed è di fronte a fatti come questi che ci si chiede dove stiamo andando? Quale società è quella in cui le coscienze e l’empatia sono appiattite di fronte a cellulari sempre accesi? Quali strumenti hanno le famiglie e la scuola se poi lì fuori sette giovani, una sera d’estate, pensano non solo di far bere per stuprare ma anche di riprendere l’atto come se fosse un film porno? Sono domande – aggiunge Giudice – che mi pongo apparentemente semplici nella risposta teorica ma a quanto pare di difficile attuazione in questa società così liquida, mutevole e probabilmente per tanti giovani di oggi troppo complessa per essere affrontata senza il giusto appiglio dei valori”.