Gela. La fama di Emanuele Palazzo, presunto capo del gruppo di stiddari disarticolato a conclusione dell’operazione “Agorà”, avrebbe scavalcato la semplice cerchia dei suoi sodali.
Tra le intercettazioni effettuate dagli inquirenti, spunta, infatti, un fitto colloquio fra il presunto boss e un noto esercente, titolare di una tabaccheria. Oggetto della discussione, la volontà del commerciante di vendicarsi del pregiudicato Salvatore Sarchiello, ritenuto responsabile di una rapina messa a segno nella sua attività e dell’incendio della vettura da lui posseduta.
In sostanza, Sarchiello doveva morire e ad organizzare il piano doveva essere proprio Palazzo. L’omicidio, almeno stando al contenuto delle intercettazioni ambientali captate nella zona di piazza San Francesco, doveva concretizzarsi con l’utilizzo di una pistola calibro nove, abusivamente detenuta dal commerciante.
Arma, fra le altre cose, dotata di silenziatore. Per questa ragione, il tabaccaio voleva che Sarchiello fosse finito senza l’intervento di altri complici.
Nessuno doveva sapere della morte del pregiudicato: il cadavere sarebbe stato sepolto in una zona rurale, lontana dalla città. Emanuele Palazzo, però, secondo gli inquirenti, avrebbe ugualmente proposto l’intervento di uno dei suoi uomini di fiducia. Per quei fatti, Salvatore Sarchiello venne arrestato nel dicembre di tre anni fa. L’ira del commerciante, però, non si sarebbe placata. Il pregiudicato doveva comunque pagare per quello che aveva fatto. Emanuele Palazzo gli suggerì di sparare un unico colpo alla testa della vittima prescelta.
“Pum pum – diceva il presunto stiddaro al tabaccaio – un colpo solo in testa”. Alcuni giorni più tardi, l’esercente fu nuovamente intercettato dagli investigatori. Durante un colloquio con uno dei suoi conoscenti, il tabaccaio confermò il ruolo di Emanuele Palazzo.
“Quello è mafioso – diceva al suo interlocutore – è capo reggente in questo momento della stidda”. Frasi che, secondo i magistrati della Dda di Caltanissetta, confermerebbero la posizione del presunto capo della cosca e la sua evidente influenza criminale. Nonostante le intercettazioni e l’incontro con Palazzo, il tabaccaio non risulta indagato.