Sbarco Alleato: ‘’la notte più lunga’’, il racconto di quei giorni nel ricordo di Rosario

 
0

Gela. Una storia nella storia quella dello sbarco degli Alleati in Sicilia che condusse alla liberazione dell’Italia dal nazi-fascismo. Un racconto in cui si intrecciano decisioni politiche, eventi bellici e vicende umane dentro quel dramma che porta con sé ogni tipo di guerra.

Testimoni del tempo a distanza di 80 anni dalla fine della Seconda guerra mondiale non sono solo i luoghi e le pietre come quelle dei bunker, delle casematte e dei pillbox ancora oggi visibili all’occhio dei viaggiatori che attraversano la Piana di Gela, ma anche e soprattutto gli anziani ancora vivi che hanno vissuto la tragedia del secondo conflitto mondiale. Tra questi c’è Rosario, 88 anni, ex portiere del glorioso Terranova del 1954, che il 10 luglio del 43 era poco più che un ragazzino, e che di quella notte ricorda ancora tutto.

“Ricordo che il pomeriggio del 9 luglio mio zio, che era di stanza con la sua compagnia in città, ci avvertì di andare via dalle nostre case – racconta Rosario –  A mezzanotte sentimmo un enorme boato: i militari italiani avevano fatto saltare il pontile sbarcatoio, convinti di fermare l’avanzata degli alleati. L’indomani mattina invece la spiaggia e il tratto di mare antistante al lungomare erano già invasi dai mezzi anfibi delle trippe anglo americane”

Rosario ripercorre anche la mattina dopo lo sbarco, la paura e la confusione tra i soldati italiani e le azioni di guerra dei militari americani.

“Quei militari dalle divise strane pensavamo fossero tedeschi, solo dopo ci rendemmo conto che erano americani, quando iniziarono a sparare sui soldati italiani – continua Rosario – in quei giorni gli alleati fecero tanti prigionieri, non solo soldati italiani e tedeschi, ma anche parecchi civili”.

Rosario racconta anche come la paura di quei giorni si sia pian piano diradata quando gli americani, molti di loro figli di emigrati del sud Italia, tentarono i primi approcci con la popolazione.

“Ci regalavano caramelle e cioccolata e in tanti parlavano uno strano italiano, misto ad inglese ed a termini dialettali. In tantissimi avevano i genitori che erano partiti dal Sud Italia per andare a lavorare in America”.

Gli occhi si velano di tristezza però quando deve raccontare cosa rappresenti la guerra per chi quei giorni li ha vissuti augurandosi che non tornino mai più.

“Quei giorni sono stati terribili – dice Rosario – è angosciante andare a dormire e svegliarsi con la paura che ti possa arrivare una bomba sulla testa. La guerra è ala cosa più brutta che possa vivere un essere umano”.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here