Gela. I giudici della Corte di Cassazione hanno confermato le condanne imposte dai magistrati d’appello agli imputati coinvolti nella maxi inchiesta “Extra fines”. L’attività investigativa, condotta dai pm della Dda di Caltanissetta e da quelli romani, sfociò anche nell’arresto di Salvatore Rinzivillo, considerato il nuovo capo dell’omonima famiglia di mafia e attualmente detenuto sotto regime di 41 bis (è stato giudicato in altri filoni processuali). Questa mattina, la procura generale ha concluso per la conferma di tutte le condanne. I giudici capitolini hanno disposto l’annullamento, per una vicenda estorsiva, per Angelo Giannone (per gli altri capi c’è stata la conferma), difeso dal legale Flavio Sinatra. Era stato condannato ad otto anni e un mese di reclusione. Annullamento con rinvio per Giuseppe Rosciglione (rappresentato dall’avvocato Carmelo Ferrara), per il quale la pena era a sei anni di detenzione. La Corte d’appello nissena ritornerà sulla sua posizione. C’è stata la conferma per tutte le altre pronunce. In secondo grado, venne condannato l’imprenditore Emanuele Catania (sei anni e otto mesi di reclusione), invece assolto dal collegio penale del tribunale di Gela. Condanne per Crocifisso Rinzivillo (trenta anni di reclusione in continuazione con precedenti verdetti), Umberto Bongiorno (sei anni e otto mesi), Rosario Cattuto (dodici anni di detenzione), Francesco Majale (sei anni e otto mesi), Vincenzo Mulè (sei anni e otto mesi), Luigi Rinzivillo (sette anni), Alfredo Santangelo (dieci anni e otto mesi), Antonio Maranto (sei anni e otto mesi), Carmelo Giannone (dodici anni e quattro mesi) e Antonio Rinzivillo (trenta anni di detenzione con il riconoscimento della continuazione).
Tutte le condanne sono state impugnate in Cassazione dalle difese. Nei ricorsi si è posto l’accento sulla necessità di rivedere le decisioni di secondo grado, escludendo un nesso con l’organizzazione mafiosa. Per gli investigatori, la famiglia dei Rinzivillo avrebbe cercato di riorganizzare i propri ranghi, focalizzando le mire su alcuni settori economici e appoggiandosi ad imprenditori ed esercenti, considerati vicini. I fratelli ergastolani Antonio Rinzivillo e Crocifisso Rinzivillo passarono la guida della famiglia di mafia proprio all’altro fratello, Salvatore Rinzivillo. Ricostruendo i suoi contatti e la rete di rapporti, gli inquirenti fecero scattare il blitz.