Gela. “Mio fratello era convinto che il furto messo a segno nel cantiere fosse stato organizzato da Angelo Meroni, con l’aiuto di altri complici, compreso Francesco Ferracane. Per questo motivo, il giorno successivo, ha voluto spiegazioni proprio da loro”.
“Voleva recuperare la refurtiva”. A raccontare in aula quanto accaduto nelle ore precedenti all’omicidio di Franco Martines, è stato il fratello, sentito in aula nel corso del processo che si sta celebrando a carico del solo Francesco Ferracane, accusato dai magistrati della procura di aver avuto un ruolo in quel colpo. Nel dicembre di quattro anni fa, venne preso di mira uno dei cantieri avviato dall’azienda di famiglia dei Martines nell’area del cimitero Farello. Così, Franco Martines, nel tentativo di recuperare la refurtiva, cercò un confronto con Meroni e con gli altri componenti del gruppo che entrò in azione nel cantiere. “L’appuntamento – ha raccontato il testimone – era davanti ad un bar di via Venezia. Poi, mio fratello salì sulla vettura di Meroni. Dopo qualche metro, ci furono gli spari, proprio nei pressi del tribunale. Io e altri parenti seguivamo, a bordo di un’altra auto, quella di Meroni. Per questo motivo, ci accorgemmo di quanto accaduto”. Il testimone ha risposto alle domande formulate dal pubblico ministero Pamela Cellura e dal giudice Antonio Fiorenza. Ferracane risponde solo del furto. Nelle scorse settimane, per l’omicidio di Franco Martines è arrivata la condanna definitiva a venti anni di reclusione ai danni del cinquantunenne Angelo Meroni.