Gela. Infertilità maschile ed esposizione alle emissioni inquinanti. E’ una linea di ricerca portata avanti dagli esperti che stanno valutando il fenomeno. L’incidenza dell’industria pesante. Tra le aree ad alto rischio, inserita fra i focus da sviluppare, c’è proprio quella locale. Gela insieme a Taranto, Brescia, Piombino, Monselice, Sassuolo, Bussi sul Tirino e la Valle del Sacco. Sono questi, stando ai ricercatori del progetto Eco Food Fertility, i centri da sottoporre a maggiori verifiche, proprio perché limitrofi a vaste aree industriali. Gli studiosi, in questo modo, cercheranno di verificare se l’infertilità maschile possa essere legata a preoccupanti fattori, come, su tutti, la presenza di metalli pesanti nel sangue e nel liquido seminale. L’attività sperimentale è stata avviata dagli esperti del Centro nazionale delle ricerche di Avellino, Napoli e Roma, dai medici dell’ospedale di Oliveto Citra e dai ricercatori dell’Università di Torino. In città, verrà selezionato un campione di uomini, fino ai quaranta anni, destinato a rappresentare il punto di riferimento statistico degli esperti. La ricerca è già arrivata ad un notevole stadio di avanzamento nella zona della cosiddetta Terra dei Fuochi, tra le province di Napoli e Caserta. Gli studiosi hanno approfondito le vicende cliniche di circa trecento uomini, mettendo a confronto quelli che vivono nei centri della Terra dei Fuochi con i residenti di aree non inquinate della provincia di Salerno. Circa un anno fa, era stato il ricercatore Fabrizio Nardo a lanciare la questione, sottolineando come la presenza dei metalli pesanti nel liquido seminale maschile potesse rappresentare una traccia evidente della pervasività dell’industria pesante. “Abbiamo finalmente dimostrato che il seme umano è un marker molto precoce e sensibile di esposizione ambientale – spiega l’androurologo Luigi Montano – abbiamo creato una rete di ricercatori pronti a partire a Gela, Taranto, Sassuolo, Piombino e nella Valle del Sacco”.