Gela. Le difese hanno iniziato ad esporre le rispettive conclusioni nel procedimento, in assise a Caltanissetta, che vede imputati Nicola Liardo, il figlio Giuseppe Liardo e Salvatore Raniolo, tutti accusati dell’omicidio di Domenico Sequino. La scorsa settimana, la Dda nissena ha chiesto l’ergastolo per i tre, ribadendo che furono loro ad organizzare l’agguato e ad eseguirlo. Gli imputati hanno da poco lasciato il carcere. La Corte d’assise, accogliendo le istanze difensive, gli ha concesso l’obbligo di dimora. Gli avvocati Flavio Sinatra e Antonio Gagliano hanno approfondito diversi aspetti della ricostruzione di un omicidio sulla quale pongono dubbi consistenti. Sono certi che non furono gli imputati a decidere che il tassista dovesse trovare la morte. Ormai da tempo, le difese spingono sul contenuto delle intercettazioni e le perizie hanno fatto emergere indicazioni del tutto difformi rispetto a quelle iniziali dei tecnici della procura. E’ stato ribadito che nelle captazioni effettuate in carcere non ci fu alcun riferimento all’omicidio Sequino. I Liardo e Raniolo hanno più volte ripetuto di non aver mai avuto motivi di astio nei riguardi della vittima. Secondo la procura, invece, l’agguato mortale sarebbe stato ordinato per vendicare il fatto che Sequino non avesse restituito una somma di denaro rivendicata da Nicola Liardo.
Gli altri legali di difesa, gli avvocati Giacomo Ventura e Davide Limoncello, esporranno le loro conclusioni nel corso della prossima udienza. Per la condanna ha già insistito la parte civile. L’avvocato Salvo Macrì, che assiste i familiari della vittima, ha confermato le convinzioni della procura, anche rispetto ai supporti tecnici delle intercettazioni.