Gela. I soldi chiesti ripetutamente ai familiari sarebbero stati solo il tentativo di riottenere quanto dato loro in prestito e non, invece, un’estorsione. Accuse pesanti in primo grado. Intanto, la procura generale ha chiesto la conferma, anche in appello, della condanna a due anni e mezzo di reclusione ai danni di un operaio quarantenne. Era finito a processo con accuse molto pesanti, estorsione e violenze in famiglia. In realtà, già in primo grado davanti al tribunale di Gela, le accuse si ridimensionarono. Il difensore di fiducia, l’avvocato Davide Limoncello, mise in luce che i soldi chiesti erano in realtà solo quelli di un prestito concesso dall’uomo ai suoi familiari. Alla fine, venne individuata un’ipotesi di esercizio arbitrario delle proprie ragioni. Una linea sostenuta anche in appello proprio dal legale di difesa. Per la procura generale, però, la condanna va confermata. Stando al difensore, inoltre, l’operaio non avrebbe chiesto in continuazione il denaro. A questo punto, i giudici di appello si sono riservati la decisione.