Gela. Due piccole lame, da sette e quattro centimetri, erano nascoste all’interno di una confezione di fazzoletti di carta. Vennero trovate dagli agenti della penitenziaria a Balate, durante controlli di routine. Fatti che hanno portato a processo il quarantacinquenne Vincenzo Valenti. Il sequestro avvenne proprio nella sua cella. Il giudice Martina Scuderoni, a conclusione del dibattimento, l’ha condannato a sei mesi di reclusione. Una decisione giunta anche sulla base della richiesta avanzata dal pm Tiziana Di Pietro, che ha indicato nove mesi di detenzione. Valenti è già ristretto per espiare la pena definitiva legata all’omicidio del fratello. Il giovane venne ucciso con un coltello. La difesa dell’imputato, per le contestazioni successive al ritrovamento delle lame nella cella, ha spiegato che Valenti era autorizzato ad effettuare lavori nella casa circondariale e aveva accesso alla sala degli attrezzi. Avrebbe dimenticato di depositare le lame e per maggiore prudenza scelse di nasconderle tra i fazzoletti. Il legale, l’avvocato Carmelo Tuccio, ha escluso qualsiasi intento violento.
Lo stesso Valenti, sentito nel corso del giudizio, ha confermato che quelle lame le usava regolarmente per lavori da effettuare in carcere. Era tra i detenuti autorizzati a svolgerli. Per l’accusa, però, non avrebbe dovuto averle in cella.