Gela. Ma l’Eni a che gioco sta giocando? Ed in questo continuo cambiare strategia qual è il ruolo che spetta alla politica, a tutti i livelli, ed al sindacato? Vanno sempre accettate supinamente i cambiamenti di rotta dopo decine di incontri, tavoli, confronti?
Se lo chiedono, ce lo chiediamo anche noi dopo aver scoperto l’ennesimo cambio di direzione. Niente piattaforma Prezioso K, ovvero l’investimento più consistente di Eni dopo la dismissione della raffinazione.
Non è ben chiaro perché Eni lasciasse intendere che la fase di cantierizzazione era legata al ricorso di associazioni ambientaliste ed alcuni Comuni. Quando il Consiglio di Stato ha rigettato il ricorso ci attendevamo il semaforo verde. Prendiamo atto che non è più così. Niente piattaforma Prezioso K. Si è perso troppo tempo? Alibi che regge fino ad un certo punto.
Perché Eni prima annuncia 700 milioni e sei mesi dopo annuncia la chiusura della raffinazione e sbandiera la “green refinery”.
Il Protocollo d’intesa del 6 novembre 2014 prevedeva 2,2 miliardi di euro di investimenti previsti, 1,8 miliardi dei quali destinati all’offshore. Nella girandola di comunicati ci sono cose poco chiare ed il parlare politichese o sin troppo tecnico non sgombra il campo dai dubbi.
1 – L’investimento rimarrà di 2,2 miliardi di euro pur trasferendo la strategia verso lo sfruttamento dei giacimenti a terra?
2 – Quanti lavoratori dell’indotto saranno impegnati a pieno regime?
3 – Quanti lavoratori del diretto rimarranno?
Eni sostiene che sono 150 gli operai dell’indotto che stanno lavorando. E soprattutto insiste nell’affermare che saranno 1200 complessivamente entro la fine dell’anno. Numeri che stridono con quanto sostenuto (solo in parte) dai sindacati.
Se si legge il comunicato Eni sembra di stare dentro l’isola felice ma in questo momento si addice più “l’isola che non c’è”. Porto rifugio, Gnl, bonifiche, raffineria verde. Detta così sembra un Gela ricca. Di progetti, soldi e idee. Nei fatti è tutto l’opposto. E qualcuno mente. Sapendo di mentire.