Gela. Dopo i pesanti verdetti dei due precedenti gradi di giudizio, Peppe Alferi si rivolge ai giudici della Corte di Cassazione. Pesanti condanne negli altri gradi di giudizio. Per il tramite del suo legale di fiducia, l’avvocato Maurizio Scicolone, ha scelto di impugnare la condanna a diciotto anni e mezzo di reclusione impostagli dai giudici nell’ambito del procedimento penale scaturito dal maxi blitz antimafia “Inferis”. Il ricorso sarà depositato nelle prossime ore. Alferi, da tempo sottopoto al regime del carcere duro, viene considerato il vero capo di un gruppo mafioso, autonomo però sia da quello di cosa nostra sia da quello della stidda. Il presunto boss, anche in giudizio, ha sempre escluso l’esistenza di una “terza” organizzazione. In più occasioni, si è definito un “malandrino” che, però, non avrebbe mai avuto legami con cosa nostra o con la stidda. La difesa contesta soprattutto le modalità di calcolo della pena imposta ad Alferi, con in testa il riconoscimento della recidiva. Così, verrà chiesta una riduzione dell’ammontare complessivo della condanna. Una scelta analoga è stata fatta per Nunzio Alfieri e Luigi Nardo. I due presunti fiancheggiatori di Peppe Alferi hanno scelto di rivolgersi ai giudici di Cassazione attraverso lo stesso legale Maurizio Scicolone. Entrambi sono stati condannati sia in primo che in secondo grado.